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Virilizzazione: cos’è?

Il termine virilizzazione si riferisce ad un insieme di segni e sintomi riconducibili alla presenza di un importante iperandrogenismo nella donna.
In altre parole, con il termine virilizzazione si vuole indicare un particolare quadro clinico nel quale una paziente di sesso femminile si trova a sviluppare caratteri fisici, ma non solo, tipicamente maschili.

Le cause della virilizzazione possono essere di natura patologica (cioè imputabili a malattie o disfunzioni), oppure possono risiedere nell’abuso smodato e mal controllato di derivati del testosterone a scopo anabolizzante o sessuale.

Per saperne di più.

Sessualità: i problemi più comuni

Una sessualità soddisfacente è un elemento fondamentale della salute fisica e psichica e va tutelata a ogni età. Quando si manifestano disturbi, un sereno dialogo tra i partner e il supporto medico sono la chiave per risolvere la situazione.

La sessualità non è soltanto una fonte di piacere, ma è un aspetto fondamentale della salute fisica e psicologica di ogni persona, uomo o donna, a prescindere dall’età. A riconoscerlo e affermarlo da alcuni decenni è addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che inserisce la sessualità tra i cardini della definizione ufficiale di salute.

A ogni età, tuttavia, uomini e donne hanno un modo diverso di vivere la sessualità e possono andare incontro a vari disturbi che possono rischiare di trasformare una straordinaria fonte di equilibrio e benessere in un problema tutt’altro che banale, fino a indurre a evitare del tutto i rapporti per non sentirsi in difficoltà.

Un concetto essenziale da ricordare, in questi casi, è che la sessualità non è una mai questione individuale, ma un’esperienza di coppia e come tale deve essere affrontata, sia quando tutto procede perfettamente, sia quando c’è qualcosa che non va. I rimedi per risolvere la situazione sono molti ed efficaci nella maggioranza dei casi, ma funzionano meglio se a gestirli si è in due, con serenità, spirito di collaborazione e affetto reciproco.

Le difficoltà della giovinezza

Da giovani, in assenza di patologie specifiche dell’apparato genitourinario o malattie sistemiche severe, le principali criticità in ambito sessuale sono generalmente legate all’insicurezza e al timore di “non essere all’altezza” (perché non abbastanza in forma, sensuali o “tecnicamente preparati”) oppure all’inesperienza e a una scarsa confidenza con il proprio corpo, che portano a non saper gestire le proprie emozioni e le reazioni fisiche che le accompagnano.

Tutte queste difficoltà psicologiche irrisolte possono interferire con il desiderio o portare a raggiungere il culmine del piacere troppo presto, troppo tardi, con estrema difficoltà o addirittura mai. Rientrano in questo gruppo di disturbi della sessualità: l’ansia da prestazione, la disfunzione erettile, l’eiaculazione precoce o ritardata, sul versante maschile; il desiderio insufficiente, i rapporti poco piacevoli o dolorosi e la difficoltà di raggiungere l’orgasmo, sul versante femminile.

I problemi possono manifestarsi fin dai primi rapporti e risultare particolarmente difficili da affrontare in considerazione della limitata esperienza di entrambi i partner e, non di rado, dalla precarietà delle relazioni. Queste criticità iniziali possono pregiudicare la qualità della vita sessuale successiva, se non vengono affrontati precocemente, parlandone francamente il proprio compagno/a e/o cercando il supporto del medico di fiducia ed eventualmente di uno psicologo esperto di disturbi della sessualità.

In genere, i disturbi privi di una base organica oggettiva sono più frequenti e significativi in occasione di rapporti di breve durata e caratterizzati da una scarsa empatia reciproca mentre migliorano notevolmente (fino a sparire) quando si riesce a instaurare una relazione profonda e duratura, che permette di trovare una buona sintonia fisica e psicologica e di vivere la sessualità in modo via via più rilassato e naturale.

D’altro canto, anche coppie giovani, sane e inizialmente affiatate possono, a un certo punto, perdere interesse nell’attività sessuale o trarne minor piacere. In questi casi, spesso, l’origine del problema va ricercata in fattori di natura diversa, come l’instabilità o lo stress lavorativo, la preoccupazione per difficoltà economiche, la stanchezza dovuta ai troppi impegni, il sonno insufficiente o lo stile di vita poco sano.

A riguardo, va ricordato che fumo, alcolici, sovrappeso, scarsa attività fisica e ritmi di vita disordinati sono nemici dichiarati non soltanto della salute generale, ma anche di quella sessuale (soprattutto per gli uomini). Il loro impatto negativo si percepisce a ogni età e diventa via via più marcato mentre ci si avvicina agli “anta”.

Un’altra fase critica per le coppie in età fertile è quella della gravidanza e del post-partum, a causa di un mix di fattori fisici e psicologici che possono mettere a dura prova entrambi i partner, per ragioni diverse e talvolta opposte, soprattutto in occasione del primo figlio.

Riduzione del desiderio, timore di danneggiare il feto, ansia per il fatto di diventare genitori, disturbi fisici e psicologici successivi al parto, arrivo del neonato e ridefinizione degli equilibri della famiglia possono seriamente interferire con la sessualità per diversi mesi, specie se non se ne parla nell’ambito della coppia e non si ricerca il supporto del ginecologo (per la donna) ed eventualmente dello psicologo (per entrambi i partner).

I disturbi dell’età matura

Come tutte le funzioni dell’organismo, anche quella sessuale con il passare del tempo si trasforma e, anche se qualcuno può esserne infastidito o deluso, non resta che accettare l’inevitabile cambiamento, che ha comunque anche qualche risvolto positivo come la maggiore esperienza, l’approccio più rilassato ai rapporti, la più fine conoscenza di sé stessi e del partner ecc.

Sia nell’uomo sia nella donna, a guidare la trasformazione è soprattutto la graduale diminuzione dei livelli degli ormoni sessuali (rispettivamente, gli androgeni e gli estrogeni) che si verifica a partire dai 40-50 anni, cui si aggiungono una progressiva diminuzione delle prestazioni muscolari e cardiovascolari e, in molti casi, l’insorgenza di patologie o disturbi che possono interferire con la sessualità in modo diretto o come conseguenza delle terapie che si devono assumere per tenerli sotto controllo.

Nell’uomo, per esempio, molte malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e i disturbi prostatici possono ridurre la capacità di ottenere l’erezione o il suo mantenimento, così come i farmaci necessari per abbassare l’ipertensione arteriosa o l’iperglicemia, contrastare le coronaropatie o i sintomi dell’ipertrofia prostatica, migliorare la funzionalità cardiaca in chi soffre di fibrillazione atriale o scompenso cardiaco.

Nella donna a interferire con la sessualità possono essere disfunzioni ovariche, della tiroide o dell’ipofisi e i sintomi associati alla menopausa o alla post-menopausa, a partire dalla minore lubrificazione e dalla graduale modificazione della sensibilità e della struttura delle mucose vaginali (tutti cambiamenti che possono comportare rapporti poco piacevoli o dolorosi).

Non vanno trascurate neppure le condizioni di disagio psichico che possono diventare particolarmente diffuse e marcate nelle donne over40, prime tra tutte la depressione e l’ansia (di cui soffrono meno frequentemente anche gli uomini), così come le ripercussioni negative sulla sessualità di alcuni dei farmaci necessari per trattarle (antidepressivi, stabilizzatori dell’umore ecc.). Sempre sul fronte psicologico, soprattutto quando ci si confronta con un nuovo partner, a creare problemi quando non si è più giovanissimi può essere l’idea di non avere un corpo esteticamente desiderabile, quanto meno secondo i canoni in vigore: in questo caso, una maggiore consapevolezza del proprio valore e un po’ di autoironia sono le chiavi del successo.

Come risolvere la situazione?

Posto che la sessualità è una questione di coppia, il primo consiglio per affrontare qualunque tipo di problema fisico o psicologico è parlarne apertamente con il proprio compagno/a, con semplicità e serenità. Ciò aiuterà anche il partner a non sentirsi “causa” della riduzione di desiderio o del minor piacere provato e permetterà di aumentare il livello di intimità e coesione della coppia, nonché talvolta di individuare insieme, senza troppa difficoltà, una soluzione adeguata.

Se condividere il problema e affrontarlo insieme con strategie semplici (per esempio, creando situazioni più stimolanti, prolungando i preliminari, cambiando le posizioni, modulando i tempi di raggiungimento dell’orgasmo ecc.) non è sufficiente per migliorare la situazione, il passo successivo è rivolgersi al medico di fiducia per verificare lo stato di salute generale, valutare il disturbo specifico e individuare possibili interventi che possono contribuire ad attenuarlo (vedasi, per esempio, farmaci contro la disfunzione erettile o terapie ormonali).

Rivolgersi al medico prima di assumere qualunque tipo di farmaco o integratore è fondamentale, sia perché i farmaci disponibili per migliorare le prestazioni sessuali possono avere diverse controindicazioni e risultare pericolosi in determinati contesti clinici sia perché, a volte, la disfunzione sessuale può essere la spia di una malattia organica non ancora diagnosticata, che deve essere valutata e gestita (come, per esempio, malattie cardiovascolari, disturbi ormonali o problemi alla prostata).

Quando il disturbo della sessualità appare legato ad aspetti genitourinari, è bene richiedere un consulto ginecologico (per le donne) o andrologico/urologico (per gli uomini). Specie dopo i 50 anni, è soprattutto a questo livello che possono insorgere disturbi capaci di ridurre notevolmente la possibilità di avere rapporti soddisfacenti (o di averli tout-court) ed è importante che sia uno specialista esperto ad approfondirne le cause e a suggerire soluzioni appropriate, di tipo farmacologico o chirurgico.

Fonti:

  • National Institute on Aging – NIH (https://order.nia.nih.gov/publication/sexuality-in-later-life)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/female-sexual-dysfunction/symptoms-causes/syc-20372549)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/erectile-dysfunction/symptoms-causes/syc-20355776)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/premature-ejaculation/symptoms-causes/syc-20354900)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/delayed-ejaculation/symptoms-causes/syc-20371358)
  • von Hippel C et al. Sexual Function among Women in Midlife: Findings from the Nurses’ Health Study II. Women’s Health 2019;29-4:291–298
  • Hatzichristou D et al. Clinical Evaluation and Management Strategy for Sexual Dysfunction in Men and Women. Journal of Sexual Medicine 2004;1(1):49-57
  • Knoepp LR et al. Sexual Complaints, Pelvic Floor Symptoms, and Sexual Distress in Women over Forty. Sex Med 2010;7:3675-3682
  • Avasthi A et al. Clinical Practice Guidelines for Management of Sexual Dysfunction. Clinical Practice Guidelines for Management of Sexual Dysfunction. Indian J Psychiatry 2017;59(Suppl 1):S91-S115
  • Mernone L et al. Psychobiological Factors of Sexual Functioning in Aging Women – Findings From the Women 40+ Healthy Aging Study. Frontiers in Psychology 2019;10:546

Depressione e infertilità spesso associate, ma la colpa non è dei farmaci

Problemi di infertilità di coppia e disturbi psichici come depressione e ansia sono sempre più diffusi a livello globale, sia tra gli uomini sia tra le donne, e, spesso, si riscontrano in associazione.

Che i primi possano facilitare l’insorgenza dei secondi è un dato di fatto clinicamente dimostrato, oltre che facilmente comprensibile, in considerazione delle profonde implicazioni psicoemotive connesse alla difficoltà di concepire un figlio a lungo desiderato.

D’altro canto, esistono prove che possa avvenire anche il processo inverso. Vale a dire, che sia la presenza di depressione o ansia (in uno o entrambi i partner) a ridurre le probabilità di procreare in modo naturale e, forse, anche quelle di veder concludersi con successo le procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Ma perché accade? È la depressione come tale a influenzare negativamente l’equilibrio ormonale generale e, quindi, a scoraggiare fecondazione e gravidanza o anche i farmaci antidepressivi assunti da uno dei partner per migliorare il tono dell’umore hanno un ruolo? Una recente revisione della letteratura sembra escludere questa seconda ipotesi, quanto meno per mancanza di prove affidabili.

Il contesto d’uso degli SSRI

Depressione e ansia sono malattie che possono interferire significativamente con il benessere personale e le relazioni familiari, sociali e lavorative, determinando uno serio scadimento della qualità di vita e aumentando il rischio di sviluppare altre malattie, in considerazione delle modificazioni ormonali, metaboliche e immunitarie associate.

Quando i sintomi depressivi o ansiosi sono clinicamente rilevanti e persistenti devono essere curati, oltre che con il supporto psicologico, anche con farmaci antidepressivi. Da oltre vent’anni, gli antidepressivi più usati, sia contro la depressione sia contro l’ansia (nonché per la gestione del disturbo ossessivo compulsivo, del disturbo da stress post traumatico ecc.), appartengono alla classe degli inibitori del recupero della serotonina, in sigla SSRI.

Il successo di impiego degli SSRI è legato alla loro efficacia, ma anche alla loro generale maneggevolezza, che permette di offrire un beneficio clinico apprezzabile senza comportare effetti collaterali fastidiosi o rischiosi (sonnolenza diurna, aritmie cardiache, aumento di peso ecc.), come altri antidepressivi usati in passato e oggi pressoché abbandonati.

Tuttavia, alcuni effetti indesiderati non associati a danni immediati per la salute possono passare a lungo inosservati e richiedere studi mirati per essere evidenziati. Il possibile impatto sulla fertilità rientra in questa categoria.

SSRI e fertilità: la revisione

Una revisione della letteratura pubblicata sulla Harvard Review of Psychiatry sembra scagionare gli SSRI dal sospetto di interferire con la fertilità femminile o maschile o di ridurre le probabilità di successo delle tecniche di PMA.

Indubbiamente, si tratta di una conclusione rassicurante, ma non può essere considerata definitiva. Come hanno sottolineato gli stessi autori della valutazione, infatti, gli studi che hanno potuto essere inclusi nella revisione sono pochi, dagli esiti non omogenei e non sempre di buona qualità.

In particolare, dei 16 studi analizzati, 7 riguardavano l’impatto degli SSRI sul successo delle tecniche di PMA: 6 di questi non hanno indicato un significativo impatto negativo dei farmaci sulle probabilità di intraprendere la gravidanza; da 3 studi è emersa una modesta tendenza verso tassi di gravidanza inferiori tra le donne che assumevano SSRI, mentre uno studio ha indicato l’effetto opposto.

La relazione tra uso di SSRI e fertilità femminile “naturale” è stata valutata soltanto in due studi, peraltro caratterizzati da risultati non omogenei. In particolare, uno dei due ha segnalato una minore probabilità di concepimento nelle donne con sintomi depressivi, ma non nelle donne depresse che assumevano SSRI.

La relazione tra uso di SSRI e fertilità maschile “naturale” è stata valutata in 7 studi, sei dei quali hanno segnalato che il trattamento farmacologico era associato a una riduzione della qualità dello sperma. Tuttavia, gli studi inseriti in questo gruppo sono stati giudicati di scarso valore, poiché presentavano diversi limiti sperimentali (primo tra tutti, quello di non considerare la severità e l’impatto sulla fertilità dei sintomi depressivi dei partecipanti).

In definitiva, quindi, come sottolineato da Christie Sylvester dell’University of Pittsburgh Medical Center (Stati Uniti) e dai colleghi che hanno condotto la revisione:

«Al momento, ci sono evidenze insufficienti per ritenere che gli SSRI possano ridurre la fertilità femminile o influenzare gli esiti dei trattamenti per l’infertilità. Gli SSRI potrebbero avere un impatto negativo sulla qualità dello sperma, ma servono ulteriori ricerche» per capire se ciò abbia effettivi risvolti sulla probabilità di procreare.

Fonte

Sylvester C et al. Selective Serotonin Reuptake Inhibitors and Fertility Considerations for Couples Trying to Conceive. Harvard Review of Psychiatry 2019; doi:10.1097/HRP.0000000000000204

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