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Sincope: cause e cura

Per sincope, o svenimento, si intende un mancato e improvviso afflusso di sangue al cervello che ha come conseguenza diretta la perdita di conoscenza. La sincope è spesso associata a tachicardia, disturbi neurologici, e neuropatia diabetica.

Origine

La sincope ha cause di diversa origine, che a volte possono anche non essere identificate con certezza. La diminuzione improvvisa della quantità di sangue destinata al cervello può dipendere da: sforzi fisici, sbalzi di pressione, forti emozioni, cardiopatie pregresse, e ancora l’assunzione di determinati farmaci. Può incidere da un punto di vista neurologico, e quindi determinare la sincope, anche il diabete.

Per saperne di più.

Sindrome della gamba senza riposo

I pazienti che ne soffrono riferiscono una sensazione di fastidio a una o a entrambe le gambe (con interessamento anche delle braccia nei casi più gravi) con la necessità indifferibile di muoverle, per esempio se si sta seduti troppo a lungo. Una sensazione di irrequietezza che migliora se il paziente si muove o massaggia le gambe.

Il disturbo si verifica spesso di sera, quando il paziente cerca di addormentarsi, e può presentarsi anche di notte.

Per saperne di più.

Mens sana in corpore sano!

Già gli Antichi Romani erano a conoscenza della positiva correlazione tra esercizio fisico ed attività mentale. Ma non tutti gli sport sono uguali. 

Quali sport favoriscono l’attività mentale e qual è la quantità di attività fisica ottimale? 

A queste domande hanno cercato di dare una risposta un gruppo di ricercatori dell’Università di Basilea in Svizzera e dell’Università di Tsukuba in Giappone in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour.

Uno sport che comprenda allenamenti basati sullo sviluppo di forza e resistenza sembra essere più efficace sul piano degli effetti sulle prestazioni cognitive. Effetti ancora più positivi derivano da quelle attività sportive che richiedono schemi di coordinamento complessi e l’interazione con altri giocatori. 

Comunque i miglioramento cognitivo non sembra correlato con la maggiore intensità dell’allenamento, quanto piuttosto con la maggiore durata dello stesso. 

I benefici riguardano tutte le fasce di età, potenzialmente soprattutto l’infanzia, quindi la fase di maggior sviluppo cognitivo, e la vecchiaia, che è la fase di degrado. In base ai risultati della ricerca però non è stato possibile definire un indicatore di efficacia delle differenti attività sportive secondo le diverse fasce di età. Si è visto invece che età diverse possono essere accomunate nella stessa attività sportiva, come per esperienze già in corso che vedono nonni e nipoti fare attività fisica insieme o uomini e ragazzi impegnati in attività sportive più intense.

Già sappiamo che il volume di attività sportiva è più importante per l’idoneità fisica degli uomini che per quella delle donne. Questo vale anche per l’idoneità mentale. Soprattutto in riferimento all’intensità del movimento. Mentre uomini e ragazzi godono di un significativo miglioramento, e per un periodo più lungo, delle prestazioni cognitive in seguito ad un duro allenamento e ad un aumento, anche se graduale, dell’intensità, per le donne il miglioramento delle capacità cognitive appare collegata con attività sportive di intensità da bassa a media.   

In che modo l’esercizio fisico supporta la tua forma mentale: raccomandazioni attuali

Le attività sportive possono portare a un miglioramento a lungo termine delle prestazioni cognitive in tutte le fasce d’età. Tuttavia, gli effetti differiscono tra uomini e donne e non tutte le discipline sportive sport determinano  lo stesso impatto. I ricercatori hanno fornito raccomandazioni basate su un’analisi completa di studi precedenti.Un corpo sano ospita una mente sana: l’attività sportiva può migliorare le prestazioni cognitive. Tuttavia, ci sono numerosi e diversi tipi di sport e una vasta gamma di esercizi e allenamenti. Quale tipo di esercizio e con quale frequenza  manterrà la mente in perfetta forma? Questa è la domanda che è stata esplorata dai ricercatori dell’Università di Basilea e dai loro colleghi dell’Università di Tsukuba in Giappone attraverso un’analisi su larga scala della letteratura scientifica. Hanno usato questa analisi per ricavare raccomandazioni che hanno recentemente pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour.

Gli sport coordinati sono particolarmente efficaciIl gruppo di ricerca con la partecipazione del Dr. Sebastian Ludyga e del Professor Uwe Pühse ha valutato 80 studi individuali per identificare alcune caratteristiche chiave. L’allenamento di resistenza, l’allenamento della forza o un mix di questi componenti sembrano migliorare le prestazioni cognitive. Tuttavia, gli sport coordinati e stimolanti che richiedono schemi di movimento complessi e l’interazione con gli altri praticanti  sono significativamente più efficaci. “Coordinarsi durante uno sport sembra essere ancora più importante del volume totale dell’attività sportiva”, spiega Ludyga.

Un’estensione totale più elevata dell’attività non porta necessariamente a un livello di efficacia corrispondentemente più elevato per l’idoneità mentale. Una durata più lunga per unità di allenamento promette un maggiore miglioramento delle prestazioni cognitive solo per un periodo di tempo più lungo.Tutti i gruppi di età ne beneficiano.Proprio come la nostra condizione fisica, le prestazioni cognitive cambiano nel corso della vita. Esiste un grande potenziale di miglioramento durante l’infanzia (fase di sviluppo cognitivo) e durante la vecchiaia (fase di degrado cognitivo). Tuttavia, il gruppo di ricerca del Dipartimento di sport, esercizio fisico e salute (DSBG) dell’Università di Basilea non ha potuto trovare un indicatore dei diversi livelli di efficacia delle attività sportive all’interno delle diverse fasce di età.

Inoltre, le attività sportive dall’età della scuola primaria a quella successiva non devono essere sostanzialmente diverse per migliorare le prestazioni cognitive. Diverse fasce di età possono quindi essere combinate per un obiettivo comune durante lo sport. “Questo è già stato implementato in modo selettivo con programmi di esercizio congiunti per bambini e i loro nonni”, afferma Pühse. Tali programmi potrebbero quindi essere ulteriormente ampliati.

Si possono condurre sessioni sportive intense per ragazzi e adulti.Lo stesso volume di attività sportiva ha un effetto diverso sull’idoneità fisica per uomini e donne, come già sappiamo. Tuttavia, il gruppo di ricerca è stato ora in grado di verificarlo per l’idoneità mentale. Di conseguenza, gli uomini beneficiano maggiormente dell’attività sportiva.Le differenze tra i sessi sono particolarmente evidenti nell’intensità del movimento, ma non nel tipo di sport. Un duro allenamento sembra essere particolarmente utile per ragazzi e uomini adulti. Abbinato a un graduale aumento di intensità, ciò porta a un miglioramento significativamente maggiore delle prestazioni cognitive per un periodo di tempo più lungo.Al contrario, l’effetto positivo su donne e ragazze scompare se l’intensità viene aumentata troppo rapidamente. I risultati della ricerca suggeriscono che esse dovrebbero scegliere attività sportive di intensità da bassa a media se intendono aumentare la propria  capacità cognitiva.

Le funzioni della mente a confronto con la realtà

La sicurezza e il controllo della situazione possono essere fonti di errore, infatti nella realtà lavorativa non è sempre facile fare valutazioni corrette e compiere scelte adeguate. Il medico deve essere attento ad interpretare i dati clinici, in quanto spesso accade che egli tenda ad applicare in modo standard le nozioni che possiede. Ciò induce ad errori di valutazione, dato che ci si concentra sulla ricerca della conferma dei propri schemi. Occorre per questo motivo essere sempre attenti e mantenere alto il livello di capacità critica mentre si lavora. Qualche volta accade che le cose non vadano nel verso giusto, possano verificarsi errori ed incidenti, senza che nessuno abbia una responsabilità specifica. Gli imprevisti sono inevitabili per cui è importante, all’interno di una realtà ospedaliera, seguire linee guida, procedure e concatenazioni funzionali organizzative.

La complessità di un’azienda sanitaria presenta diverse incertezze e l’evento non previsto è sempre in agguato. Per questi motivi è importante che il medico sia addestrato a reagire agli eventi, anziché confidare nella capacità di prevederli. Nei percorsi formativi dovrebbe essere opportuno introdurre simulazioni di eventi che necessitano di specifiche competenze e abilità.

Fonte: Non ho tempo per… Come logora curare: operatori sanitari sotto stress di Ferdinando Pellegrino

Gli oggetti tenuti in mano, per il cervello, sono parti del corpo

Diciamo spesso che la penna o addirittura lo smartphone sono come dei prolungamenti della nostra mano, e in effetti il cervello li vede proprio così: percepisce ogni strumento che stringiamo tra le mani come se fosse un’estensione del corpo a cui applicare la percezione tattile. La scoperta, che potrà aiutare lo sviluppo di protesi più precise e meno invasive, è pubblicata sulla rivista Current Biology da un gruppo di ricerca internazionale a cui hanno partecipato anche l’Università di Milano-Bicocca, l’Ircss Istituto Auxologico Italiano e l’Università di Trento.

Lo studio ha coinvolto 16 persone a cui è stato chiesto di stringere tra le mani un bastone che veniva sottoposto a impatti esterni. Tutti i partecipanti sono riusciti a localizzare l’impatto con una precisione quasi perfetta, come se il tocco avvenisse sul braccio. Contemporaneamente i ricercatori, usando l’elettroencefalografia (Eeg), hanno scoperto che la posizione dell’impatto sullo strumento veniva decodificata dalle stesse regioni cerebrali che si attivano quando il contatto avviene direttamente sul corpo, come se il cervello applicasse la percezione tattile del corpo all’oggetto.

“Questi risultati – commenta Nadia Bolognini, docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica dell’Università di Milano-Bicocca – suggeriscono che sarà possibile, in un futuro non troppo lontano, progettare neuro-protesi sempre meno invasive e performanti generando in esse segnali tattili che forniscono risposte ottimali nel contatto con gli oggetti. Ciò potrebbe essere realizzato sfruttando il meccanismo identificato nel nostro studio, che permetterà al paziente di localizzare stimoli tattili su una protesi in modo naturale e facilitando così l’uso della protesi come se fosse un vero e proprio organo sensoriale esteso”.

Stress e ben-essere

La vita è piena di imprevisti e di difficoltà; sarebbe bello vivere in un mondo ideale, ma non è così. Ogni uomo deve confrontarsi continuamente con problemi, ingiustizie, disagi e conflitti.

Come è possibile conservare la propria identità in un mondo che continua a cambiare? Come affrontare i problemi della vita? Come gestire le incertezze della vita quotidiana?

Immaginiamo di entrare in un labirinto e di dover fare delle scelte, di agire in virtù di eventi nuovi e di dover dare delle risposte alle questioni importanti della vita. In questo labirinto dobbiamo superare le difficoltà e trovare la via di uscita. Ci riusciamo, ma dopo poco i problemi si ripropongono. Come reagiamo a questo punto?

Dal punto di vista psicologico sappiamo che la mente ha infinite risorse per capire cosa fare e cosa non fare, come distribuire le risorse e come affrontare i disagi della vita. Gli aspetti della mente, però, rappresentano la vera risorsa dell’uomo, infatti conoscere la propria mente e il proprio mondo interiore è il punto di forza di ogni uomo.

Fonte: Non ho tempo per… Come logora curare: operatori sanitari sotto stress di Ferdinando Pellegrino

Conoscete la malattia di Alzheimer?

È sempre più diffusa, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione, e molto temuta, perché i suoi effetti sulla funzionalità intellettiva sono pesanti e le terapie disponibili non ancora in grado di contrastarli in modo efficace. Per queste ragioni, di malattia di Alzheimer si parla molto, anche se, in realtà, la si conosce poco. In che cosa consiste davvero questa forma di demenza associata all’invecchiamento? Esistono comportamenti o sostanze che possono aiutare a prevenirla? Come si riconosce? E che cosa ci si deve aspettare dai trattamenti attuali? Provate a verificare le vostre conoscenze con questo quiz, ricordando che mantenere uno stile di vita sano e la mente attiva fin da giovani è la migliore assicurazione per invecchiare in salute.

Trauma cranico chiuso

Nel caso di trauma cranico chiuso la perdita di coscienza può non essere immediata, infatti tra il momento del trauma e la comparsa dei segni neurologici possono intercorrere diversi minuti.

Per determinare lo stato di coscienza si ricorre alla Glasgow Coma Scale, attraverso cui un punteggio di 8 o inferiore a 8 determina un trauma grave.

È necessario assicurare al paziente una ventilazione controllata e trasferirlo in unità di cure intensive.

Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve

Malattia di Alzheimer: come aiutare chi aiuta

Assistere una persona cara con problemi di salute ha sempre una natura ambivalente. Da un lato fa sentire bene perché si ha la consapevolezza di aiutare in un momento di necessità e di offrire sostegno pratico e psicologico. Dall’altro, però, può “esaurire” le energie fisiche e le “risorse interiori”, soprattutto quando ci si confronta con patologie severe, associate a grave sofferenza fisica e/o psichica e di lunga durata. Per sua natura, la malattia di Alzheimer chiede ai caregiver un impegno particolarmente intenso a fronte di ben poche gratificazioni, poiché il declino cognitivo che comporta è progressivo e non reversibile, sottraendo via via anche la possibilità di comunicare. Per poter garantire un supporto valido e prolungato, è importante che chi assiste si prenda cura, oltre che della persona malata, anche di se stesso. Qualche consiglio.

Alzheimer, una proteina nel sangue rileva la degenerazione delle cellule nervose

Un nuovo studio, recentemente pubblicato su JAMA Neurology, indica che un semplice esame del sangue può rivelare se le cellule nervose nel cervello si stanno deteriorando a un ritmo anomalo. I ricercatori hanno analizzato la presenza nel sangue di una proteina, il cosiddetto neurofilamento leggero (NfL, Neurofilament light Chain) in pazienti affetti malattia di Alzheimer, rilevandone una concentrazione particolarmente elevata.

I campioni di sangue sono stati raccolti per diversi anni, e in più occasioni, da 1.182 pazienti con diversi gradi di compromissione cognitiva e 401 soggetti sani che hanno costituito il gruppo di controllo.

Quando le cellule nervose del cervello sono danneggiate o muoiono, la proteina NfL entra nel liquido cerebrospinale e poi nel sangue: esistevano già sospetti in merito, ma mancavano studi a lungo termine.

«Abbiamo scoperto che, nei pazienti che sviluppano il morbo di Alzheimer, la concentrazione di NfL aumenta nel tempo e che i livelli elevati sono correlati con l’entità del danno cerebrale accumulato», ha afferma il coordinatore dello studio Niklas Mattsson.

Com’è noto, l’Alzheimer è una malattia complessa, che si sviluppa gradualmente ed è difficile da analizzare nelle sue prime fasi, asintomatiche; la malattia comporta il deterioramento delle funzioni cognitive e fisiche insieme all’atrofia e alla morte delle cellule cerebrali. Allo stato attuale, non esiste un trattamento che possa ridurre la perdita di cellule nervose nel cervello e i farmaci disponibili sono in grado di mitigare i disturbi cognitivi, ma non di rallentare il decorso della malattia. Le misurazioni della concentrazione NfL nel sangue potrebbero servire per valutare l’efficacia di un farmaco nell’influenzare la perdita delle cellule nervose e determinarne il dosaggio ottimale.

Mattsson ritiene che il metodo possatrà presto tradursi in una procedura clinica standard: «presso l’ospedale universitario di Sahlgrenska a Göteborg, stiamo svolgendo il lavoro preparatorio per rendere questo metodo disponibile come procedura clinica nel prossimo futuro. Attraverso un semplice esame del sangue, i medici potranno misurare il danno alle cellule nervose, prodotto dalla malattia di Alzheimer o da altri disturbi cerebrali».

Mattsson N, Cullen NC, Andreasson U, Zetterberg H, Blennow K. Association Between Longitudinal Plasma Neurofilament Light and Neurodegeneration in Patients With Alzheimer Disease. JAMA Neurol. 2019 Apr 22.

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