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Il CDC negli Usa (Centro Controllo Malattie): nuovi sintomi del COVID-19

Il Centro Controllo Malattie ha aggiunto parecchi sintomi alla lista di quelli del Coronavirus. Nel frattempo, in molti ospedali a New York stanno testando sui pazienti da Covid-19 un farmaco comune, solitamente impiegato nella terapia del reflusso per verificare se può contribuire a sconfiggere il virus. Gli ultimi aggiornamenti.

Raccomandazioni cliniche in gravidanza in tempi di Corona-Virus

In un recente articolo (Liang H, Acharya G. Novel corona virus disease (COVID-19) in pregnancy: What clinical recommendations to follow? AOGS 2020; doi.org/10.1111/aogs.13836) si è parlato delle raccomandazioni cliniche in gravidanza in questo periodo di pandemia da Corona-virus.

E’ importante comunque evidenziare come tali raccomandazioni facciano riferimento a linee guida che si evolvono man mano che sono disponibili sempre più dati e vengono raccolte nuove esperienze. La stessa Guida ad interim sulla gestione della COVID ‐ 19  emanata dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) include per le donne in gravidanza raccomandazioni basate prevalentemente sull’esperienza di precedenti focolai epidemici.

Per la gestione di queste pazienti sarebbe necessario un approccio multidisciplinare, che permetta di comunicare e condividere competenze e responsabilità.

L’importante premessa di partenza è che, essendo la gravidanza uno stato di parziale soppressione immunitaria, le donne gravide possono essere più vulnerabili alle infezioni virali. Sarebbe quindi auspicabile e consigliabile che si attengano ad un adeguato distanziamento sociale oltre che alle norme di igiene personale e sociale. Qualora si dovessero manifestare sintomi quali febbre, mal di gola, tosse, affaticamento, mialgia, respiro affannoso bisogna consultare prontamente il medico. Se qualche donna ha avuto contatti con persone infette o abbia fatto un viaggio in una zona con alta incidenza di contagi, deve essere messa sotto osservazione ed in isolamento. Si deve sempre fare attenzione, comunque, al tono dell’umore e avere la possibilità di offrire, se necessario, un supporto psicologico professionale, dal momento che in gravidanza si possono sviluppare fenomeni di ansia e di depressione.

Nei casi sospetti i test (con campioni ottenuti da saliva, tratto respiratorio superiore, tratto respiratorio inferiore, urina e feci) dovrebbero essere ripetuti per confermare la diagnosi. Inoltre una scansione tomografica computerizzata (TC) del torace senza contrasto è l’indagine più utile sia per confermare o escludere la polmonite virale, sia perché l’esposizione del feto alle radiazioni è molto bassa.

Le persone con diagnosi di infezione devono essere ricoverate in un reparto di isolamento, dove possano essere garantiti riposo, idratazione, supporto nutrizionale, bilancio idrico ed elettrolitico adeguati ed un monitoraggio costante dei segni vitali e della saturazione di ossigeno.

Le pazienti in gravidanza possono essere sottoposte a trattamento antivirale, gli antibiotici sono da somministrare solo in presenza di un’infezione batterica secondaria. Non è invece raccomandato l’uso di corticosteroidi.

Per quanto riguarda l’andamento della gravidanza, non si hanno sufficienti informazioni quando il contagio avviene nel primo o nel secondo trimestre. Sembrerebbe invece che, se l’infezione si verifica nel terzo trimestre, ci possa essere rischio di rottura prematura delle membrane, parto pretermine, tachicardia e sofferenza fetale.

E’ necessario un monitoraggio regolare dei segni vitali materni, esame ecografico e monitoraggio della frequenza cardiaca per valutare il benessere fetale. In base alla storia ostetrica, all’età gestazionale e alle condizioni fetali si può decidere di continuare la gravidanza a termine sotto stretta sorveglianza. Viceversa, di fronte ad un’infezione grave, a comorbilità esistenti come preeclampsia, diabete, malattie cardiache ecc. può essere necessario “personalizzare” i tempi del parto. Se la continuazione della gravidanza può comportare un rischio per la sopravvivenza della madre o per la sicurezza del feto è il caso di procedere con il parto, anche se prematuramente. In casi particolarmente critici, per salvare la vita della donna si può decidere un’interruzione della gravidanza dopo, naturalmente, un attento confronto con la paziente, con i familiari e con il comitato etico.

Non essendoci prove relative alla trasmissione transplacentare e verticale ( Il liquido amniotico, il sangue cordonale e il tampone della gola neonatale nei bambini nati da mamme positive risultano negativi) non ci sono controindicazioni in pazienti stabili al parto vaginale. Se si deve ricorrere al taglio cesareo si deve prestare attenzione alla scelta dell’anestesia.

Se, come già detto, è improbabile la trasmissione transplacentare, l’infezione può verificarsi con lo stretto contatto tra la mamma infetta ed il neonato. In questi casi pertanto è raccomandabile in primo luogo procedere velocemente al taglio del cordone ombelicale e collocare il bambino in isolamento per almeno due settimane, monitorandolo per individuare eventuali segni di infezione.

L’allattamento al seno è sconsigliato, proprio per evitare un contatto diretto, mentre si raccomanda il tiraggio del latte materno, dal momento che i campioni di latte materno risultano negativi per SARS-COV-2. 

Interventi psicologici per i pazienti Covid-19

Ci si sta iniziando ad interrogare sugli Interventi psicologici necessari a seguito dell’epidemia di COVID-19. In uno studio recente cinese, pubblicato su China Lancet February 18, 2020 a partire proprio da quella che è stata l’esperienza cinese, si evidenzia come di fronte alle esigenze psicologiche di pazienti, familiari e personale medico, istituzioni mediche ed università hanno aperto piattaforme on line per fornire sostegno psicologico, ma il tutto in ordine sparso senza un’organizzazione capace di pianificare, coordinare le attività e metterle in comunicazione. In particolare si è riscontrata la mancanza di tempestività delle diagnosi e di follow-up relativi a trattamenti e valutazioni. Nello specifico, in riferimento ai pazienti che hanno dovuto affrontare l’emergenza di salute, tutti gli studi sottolineano come i disturbi dello stress permangano, a vario grado, anche dopo la fine dell’evento (dopo la guarigione o la dimissione dall’ospedale) e di come quindi dovrebbero continuare ad essere seguiti. 

Sarebbe necessario quindi, per poter approntare specifiche misure di intervento, classificare le persone che hanno necessità di un intervento psicologico in base a vari fattori tra i quali: il decorso della malattia, la gravità dei sintomi, il luogo del trattamento (restare isolati in casa ha un impatto psicologico sicuramente diverso dall’essere in un reparto di isolamento in un ospedale o di terapia intensiva).Un altro problema è dato dal fatto che gli psichiatri, gli psicologi clinici e gli assistenti sociali sono ritenuti personale non essenziale nella gestione dell’emergenza pandemica e non fanno parte dell’organico assegnato ai reparti di isolamento. 

Conseguentemente, gli operatori sanitari che operano nei reparti malattie infettive, già in prima linea e sotto forte pressione, si trovano a dover gestire senza una specifica preparazione tutti gli interventi psicologici necessari ai pazienti. Analogamente alle persone in quarantena a casa il personale dei servizi sanitari si trova costretto a fornire accanto ad assistenza medica di base anche cure di salute mentale, nonostante le complicate procedure, i carichi di lavoro molto pesanti e la mancanza di una formazione in psichiatria o psicologia clinica. Sarebbe dunque essenziale, per affrontare il disagio emotivo ed i disturbi causati da emergenze sanitarie come le epidemie, prevedere e rendere operativa la presenza di un team di professionisti composto da personale di salute mentale.

Genitori e bambini: l’esperienza del Coronavirus

Certo è un’esperienza nuova… mai capitata prima… eccezionale…inaspettata ma…

A ben vedere è tutte queste cose (nuova, eccezionale, inaspettata ecc.) solo per noi uomini e donne che, grazie ad un insieme di insperate ed immeritate fortune, abbiamo vissuto in questa parte del mondo 75 anni di vita lontano da guerre, carestie, epidemie ecc, da tutti quegli eventi cioè che da sempre hanno punteggiato la storia dell’umanità.

Si fa un gran parlare delle opportunità che sono celate dietro la drastica e a tratti traumatica riorganizzazione del nostro stile di vita che il momento richiede: il silenzio, la calma, lo stare in famiglia, il tempo… tutte ricchezze ritrovate.

Mi viene da riflettere anche su quale traccia questo periodo lascerà nel ricordo dei nostri bambini e come potrà contribuire a fare di noi degli educatori migliori e di loro degli adulti più forti.

Il virus ci sta insegnando quello che le favole ed i miti sanno da sempre, che il mondo è pieno di insidie e di pericoli e che non è possibile pensarlo senza questi aspetti “ombra”. E’ in questo mondo fatto di chiaroscuri che i nostri piccoli devono imparare ad entrare con attenzione e con fiducia, con prudenza ma anche con l’entusiasmo della scoperta e della novità. Ed è nostro compito attrezzarli, non spianare loro la strada ma dar loro gli scarponi, i chiodi, l’allenamento muscolare per fronteggiare (che significa etimologicamente far fronte, non necessariamente superare o cancellare) le asperità.

 I bambini quindi non devono essere tenuti all’oscuro, devono partecipare del clima di attenzione collettiva. Questo significa rendere esplicito e dicibile ciò che circola nell’aria, ciò che colgono non solo dai notiziari televisivi sempre più gridati e dalle nuove regole del vivere, ma anche dai nostri stati d’animo. In ultima analisi dobbiamo sempre ricordarci che noi adulti rappresentiamo per loro punti di riferimento esclusivi e che il loro modo di orientarsi nel mondo, di classificare come positiva o negativa un’esperienza passa attraverso di noi ed il nostro modo, anche inconscio, di reagire. Un bambino può venire a contatto con le più varie difficoltà (la malattia, la morte, la paura) nella misura in cui la mano adulta che lo accompagna è salda e coerente, capace di contattare la realtà e di farvi fronte (anche dichiarando la propria ignoranza, impotenza, preoccupazione e mettendo in atto comportamenti di adattamento o di fuga). Allora attenzione ai bambini significa attenzione anche e primariamente a noi ed alle nostre reazioni inconsce.

Questo è dunque un invito ad entrare in contatto con noi stessi, con le nostre ansie e le nostre paure, ed anche ad imparare ad accettarle e a contenerle non solo fantasticando una soluzione totale del problema, una sua cancellazione come per miracolo, ma tollerando l’indeterminatezza, la mancanza di controllo, lo stato di incertezza….

Se saremo capaci noi in prima persona di attraversare tutto ciò, bagnandoci nel flusso del timore senza per questo farcene travolgere, permetteremo ai nostri figli di imparare una cosa importantissima: che è possibile passare attraverso esperienze anche dure come se fosse una grande ed emozionante avventura.

Chissà quanti bambini di oggi alle prese con i limiti dettati dal corona virus ricorderanno da grandi questi giorni come un grande momento epico in cui, protetti dalla presenza di mamma e papà, hanno vissuto esperienze speciali ed indimenticabili.    

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