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Gli oggetti tenuti in mano, per il cervello, sono parti del corpo

Diciamo spesso che la penna o addirittura lo smartphone sono come dei prolungamenti della nostra mano, e in effetti il cervello li vede proprio così: percepisce ogni strumento che stringiamo tra le mani come se fosse un’estensione del corpo a cui applicare la percezione tattile. La scoperta, che potrà aiutare lo sviluppo di protesi più precise e meno invasive, è pubblicata sulla rivista Current Biology da un gruppo di ricerca internazionale a cui hanno partecipato anche l’Università di Milano-Bicocca, l’Ircss Istituto Auxologico Italiano e l’Università di Trento.

Lo studio ha coinvolto 16 persone a cui è stato chiesto di stringere tra le mani un bastone che veniva sottoposto a impatti esterni. Tutti i partecipanti sono riusciti a localizzare l’impatto con una precisione quasi perfetta, come se il tocco avvenisse sul braccio. Contemporaneamente i ricercatori, usando l’elettroencefalografia (Eeg), hanno scoperto che la posizione dell’impatto sullo strumento veniva decodificata dalle stesse regioni cerebrali che si attivano quando il contatto avviene direttamente sul corpo, come se il cervello applicasse la percezione tattile del corpo all’oggetto.

“Questi risultati – commenta Nadia Bolognini, docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica dell’Università di Milano-Bicocca – suggeriscono che sarà possibile, in un futuro non troppo lontano, progettare neuro-protesi sempre meno invasive e performanti generando in esse segnali tattili che forniscono risposte ottimali nel contatto con gli oggetti. Ciò potrebbe essere realizzato sfruttando il meccanismo identificato nel nostro studio, che permetterà al paziente di localizzare stimoli tattili su una protesi in modo naturale e facilitando così l’uso della protesi come se fosse un vero e proprio organo sensoriale esteso”.

Il telefono cellulare non è responsabile della comparsa dei tumori cerebrali

Dalla metà degli anni 80, epoca in cui il telefono cellulare si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, si è pensato a una possibile relazione telefono cellulare – tumore cerebrale,  a seguito della esposizione del cervello ad alti livelli di radiofrequenza.

Alcuni studi epidemiologici, di tipo caso-controllo,  avevano  mostrato un incremento significativo dei tumori cerebrali legato all’uso del cellulare  e, in particolare, del glioma, mentre nessuna associazione veniva riscontrata con i meningiomi cerebrali  (INTERPHONE Study Group, 2010; Hardell et al, 2011).

Proprio a seguito di tali studi, la International Agency for Research on Cancer (IARC) classificò le radiofrequenze come possibilmente cancerogene (Baan et al., 2011)

In Italia, ove talora la ricerca viene effettuata nelle aule di Tribunale, è rimasta storica la decisione del 2017 del Tribunale di Ivrea che per la prima volta in Italia riconosceva un nesso di causalità tra utilizzo del telefono cellulare e tumore cerebrale, per altro benigno (si trattava infatti di un neurinoma) e non a carico del cervello, ma bensì di un nervo.

In un recentissimo studio condotto in Australia  da alcune università  australiane e neozelandesi, coordinate da Ken Karipidis, è stato esaminato il trend di incidenza dei tumori cerebrali in tre distinti periodi di tempo, allo scopo di valutare sia l’influenza delle migliorate tecniche diagnostiche in questo campo, ma soprattutto la relazione con l’uso sempre più frequente dei telefoni cellulari.

Gli Autori hanno esaminato l’incidenza dei tumori cerebrali primitivi nei periodi 1982–1992, 1993–2002 e 2003–2013, in soggetti di età compresa tra 20–59 anni, desunta dai registri nazionali dei tumori. Sono stati identificati 16.825 casi di tumori cerebrale, rispondenti alle caratteristiche dello studio,  di cui 10.083 a carico di maschi e 6742 a carico di femmine. Questi dati sono stati poi confrontati con l’incidenza dell’uso del cellulare nel periodo 2003–2013.

I  tassi di tumore cerebrale primitivi sono rimasti costanti in tutti i tre periodi. E’ stato registrato solo un incremento del glioblastoma nel periodo 1993–2002, rispetto al periodo precedente (1982–1992), che gli Autori hanno messo in reazione col miglioramento della diagnosi legata al maggior impiego della risonanza magnetica.

Non è stato invece osservato alcun incremento per nessun tipo di tumore cerebrale, inclusi il glioma e il glioblastoma, nel periodo 2003-2013, periodo vi è stato un notevole incremento dell’uso del telefono cellulare. In particolare, gli Autori dell’articolo  non riportano alcun aumento di gliomi a carico del lobo temporale che è la sede più esposta all’uso del cellulare.

Le conclusioni dello studio sono che non è dimostrabile alcun relazione tra tumori cerebrali e telefoni cellulari, né tanto meno una particolare localizzazione cerebrale attribuibile al cellulare.

Bibliografia

Baan R, Grosse Y, Lauby-Secretan B, et al. Carcinogenicity of radiofrequency electromagnetic fields. Lancet Oncol 2011;12:624–6

Hardell L, Carlberg M, Hansson Mild K. Pooled analysis of case control studies on malignant brain tumours and the use of mobile and cordless phones including living and deceased subjects. Int J Oncol 2011;38:1465–74).

INTERPHONE Study Group. Brain tumour risk in relation to mobile telephone use: results of the INTERPHONE international case-control study. Int J Epidemiol 2010;39:675–94.

Fonte

Ken Karipidis et al. Mobile phone use and incidence of brain tumour histological types, grading or anatomical location: a population based ecological study. BMJ Open 2018;8:e024489. doi:10.1136/bmjopen-2018-024489

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