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Frutta, verdura e vitamina D: abbronzatura perfetta e benessere

Ogni anno, si sa, prima ancora che arrivi l’estate si cerca di arrivare in spiaggia con un’abbronzatura perfetta. Si ricorre alle lampade, ad oli e creme particolari, il tutto per raggiungere il tanto desiderato colore ambrato che conferisce alla nostra pelle un tocco esotico ed affascinante. Non molti sanno però che per poter raggiungere l’abbronzatura che abbiamo sempre sognato è fondamentale quello che mangiamo. Alcuni alimenti infatti favoriscono la produzione della melanina, la sostanza responsabile dell’abbronzatura della nostra pelle. Oltre che conferire alla nostra cute una colorazione molto ricercata, il sole è anche fondamentale per la sintesi della vitamina D, elemento importantissimo per il benessere del nostro organismo.

Gli alimenti consigliati

Fra tutti gli alimenti che favoriscono la produzione della melanina, prime fra tutti ci sono sicuramente le carote, le “regine dell’abbronzatura”. Le carote infatti sono ricche di vitamina A, responsabile dell’attivazione della melanina. Basti pensare che in soli 100 grammi di polpa di carota ci sono 1200 microgrammi di vitamina A, più del doppio della quantità presente in qualsiasi altro alimento. Seguono, nei posti immediatamente successivi della classifica, spinaci, radicchio e albicocche. Tra la frutta che favorisce l’abbronzatura possiamo citare anche meloni, pesche, cocomeri e ciliege. Mentre invece tra gli ortaggi, i più indicati sono lattuga, sedano peperoni e pomodori. La maggior parte di questi alimenti, contraddistinti da un colore rosso/arancione, contengono betacarotene, precursore della vitamina A.

I benefici del sole

Oltre che per l’abbronzatura, il sole risulta davvero molto importante per la produzione di vitamina D, sostanza fondamentale per il nostro organismo. Viene sintetizzata infatti in seguito all’esposizione ai raggi solari, e rappresenta una valida alleata per il benessere di grandi e piccoli. Innanzitutto la vitamina D previene il rachitismo in quanto rinforza la struttura ossea, migliora il sistema immunitario rendendolo più efficace, previene il diabete e sembra avere un impatto positivo su malattie neurodegenerative (come il Parkinson e l’ Alzheimer). Inoltre si sta indagando sulla relazione tra vitamina D e tumori. Sembrerebbe infatti che la vitamina D abbia una funzione di prevenzione e di contrasto per il tumore al colon. Per queste ragioni è calorosamente consigliata l’assunzione di vitamina D, specialmente nei mesi invernali dove l’esposizione al sole è sicuramente inferiore rispetto ai mesi estivi, sia attraverso integratori suggeriti dal medico, sia attraverso l’alimentazione. E’ possibile trovare la vitamina D infatti nel latte, nel salmone, nel tonno, nelle uova e nei formaggi.

La vera fonte di vitamina D però, come già accennato, è il sole, utile quindi non solo a raggiungere l’abbronzatura che abbiamo sempre desiderato (grazie anche all’aiuto degli alimenti sopra indicati) ma anche a favorire la sintesi di questa preziosa sostanza indispensabile per la nostra salute.

Alimentazione in gravidanza: quali alimenti preferire e cosa evitare

Una donna in stato di gravidanza ha l’obbligo morale di pensare non solo al proprio stato di salute ma anche, e principalmente, a quello del neonato che porta in grembo. Ci sono infatti molte cattive abitudini delle mamme che possono nuocere alla salute del piccolo, ancor prima della sua nascita. Tra tutte, le più famose e diffuse sono senz’altro quelle del fumo e dell’abuso di alcol, sostanze che possono portare danni gravissimi al feto già durante la gravidanza, alcuni dei quali anche irreversibili, oltre che favorire l’insorgenza di alcune patologie molto pericolose.

Oltre a questo, un altro fattore a cui prestare molta attenzione è quello dell’alimentazione. Una cattiva alimentazione, infatti, unita all’aumento non controllato di peso della donna in dolce attesa può sicuramente influenzare sia il peso corporeo del feto al momento della nascita sia il suo stato di salute futuro. Quali sono quindi gli alimenti da preferire e quali quelli da evitare ?

Alcuni consigli alimentari

Durante la gravidanza l’alimentazione della donna deve essere particolarmente attenta e soprattutto varia. Una dieta povera, ad esempio, può portare all’insorgenza di diabete di tipo 2 durante la fase di crescita del neonato, oltre che favorire complicazioni metaboliche e cardiovascolari. Fatta questa premessa occorre però precisare che non è necessario stravolgere la propria dieta durante una gravidanza, ma basterà seguire alcuni piccoli accorgimenti che porteranno importanti benefici alla salute dei vostri piccoli, oltre che a quella delle mamme. Per garantire il giusto apporto di energia, necessario per lo sviluppo del feto, è consigliabile assumerà una quantità di calorie giornaliere che va tra le 2200 e le 2900 KCAL, anche se la variazione di peso consigliata va calcolata in base all’indice di massa corporea della madre prima della gravidanza. E’ molto importante l’assunzione di nutrienti quali calcio, fosforo, magnesio, vitamina A e B che si possono trovare nel latte, di cui è consigliato il consumo regolare.

Sono molto importanti anche le proteine (ad alto valore biologico) assumibili con carne, pesce, uova e formaggi. Fra gli alimenti appena citati quello da preferire è sicuramente il pesce (più che la carne) per le sostanze nutrienti contenute al suo interno come acidi grassi polinsaturi, fosforo, iodio e per la sua più alta digeribilità.

Per quanto riguarda le restrizioni da rispettare, è opportuno moderare l’assunzione di bevande come caffè, tè e bevande con caffeina, ed eliminare quelle alcoliche. Bisogna inoltre evitare carni crude, insaccati, dolci,  latte non pastorizzato, verdura e frutta non correttamente lavate e ridurre l’uso del sale per prevenire problemi di ritenzione idrica.

Una dieta così equilibrata riduce al minimo il rischio di malattie croniche e provvede a fornire al bambino tutti i nutrienti fondamentali di cui ha bisogno per crescere e svilupparsi sano e forte.

Cosa significa sognare: curiosità e interpretazione dei sogni

Che si tratti di un sogno premonitore, rivelatore o di un incubo, l’interpretazione dei sogni e il mondo onirico hanno da sempre affascinato gli uomini di ogni tempo, soprattutto le personalità più illustri nel campo della sociologia e della psicologia. Ma cosa è esattamente un sogno? Letteralmente parlando i sogni sono delle rappresentazioni fatte di pensieri, voci, immagini e suoni che prendono vita nella nostra mente mentre dormiamo. Protagonisti dei nostri sogni possono essere sia persone a noi familiari ma anche sconosciuti mai visti prima, inoltre un sogno può essere una mera rappresentazione di un ricordo già vissuto, oppure mostrarci qualcosa di nuovo, un evento che mai abbiamo vissuto sulla nostra pelle.

Questo ultimo aspetto è quello che più affascina gli studiosi del sogno, tra i quali non possiamo non citare Sigmund Freud (autore del libro “L’interpretazione dei sogni“) che pensava ai sogni come a un mezzo di espressione del nostro inconscio, e che quindi può rivelare tratti intrinsechi della nostra personalità, del nostro subconscio e della nostra mente, che possono restare nascosti durante i periodi di veglia. Ma cosa succede durante un sogno? Quali sono le stranezze che possono verificarsi e come vanno interpretate?

Interpretazione dei sogni

Secondo le teorie di Freud, su cui si basa la moderna psicanalisi e gran parte delle teorie successive, i sogni vanno interpretati come la manifestazione dei nostri desideri nascosti, rimossi dalla nostra coscienza che li trova inaccettabili, in particolare quelli infantili. I sogni inoltre presentano sia un contenuto manifesto che un contenuto latente, nascosto: il secondo, che rappresenta il vero significato del sogno viene quindi oscurato dalla censura e deve essere ricollegato al primo tramite il metodo psicoanalitico. Esistono anche altre teorie sull’interpretazione dei sogni come quella di Jung, che in un primo momento era vicino a Freud ma poi si distaccò dalle sue teorie, secondo cui i sogni vanno visti come riletture di episodi o eventi della nostra vita quotidiana. L’interpretazione dei sogni non è semplice senza l’aiuto di un esperto, in quanto è molto soggettiva e dipende dalla vita quotidiana e dalle passate esperienze di una persona, ma scrivere i sogni al mattino su un foglio di carta e annotare i simboli (oggetti, persone o animali) e le emozioni provate nel sogno possono aiutarci in tal senso.

Curiosità sui sogni

Una prima caratteristica (e stranezza) del sogno, sconosciuta a molti, è rappresentata dal fatto che mentre si sogna la maggioranza delle persone non riesce a leggere. Ma oltre a questo risulta quasi impossibile anche consultare l’ora sull’orologio, quest’ultimo infatti segnerà un’ora diversa ogni volta che lo guardate. I sogni spesso possono tramutarsi in incubi in cui siamo oppressi da sensazioni quali ansia, terrore e persino dolore fisico. E’ stato dimostrato infatti che anche semplicemente indurre un formicolio al piede di qualcuno fa sì che egli sogni un fastidio ai piedi. Ma le emozioni provate durante i sogni possono essere anche molto positive come gioia e felicità, soprattutto quando parliamo di sogni lucidi, ovvero quei sogni in cui il soggetto è consapevole che sta sognando e realizza i suoi desideri più nascosti, come volare, viaggiare nel tempo o interpretare un supereroe (soprattutto per i bambini e gli adolescenti).

Circa l’80% dei sogni inoltre è a colori, nonostante ci sia ancora una percentuale di individui che afferma di sognare in bianco e nero. Sognare infine aiuta la memoria a memorizzare ciò che leggiamo o studiamo prima di addormentarci, in misura nettamente maggiore rispetto a chi si addormenta senza però sognare.

Quando si sogna?

Quando dormiamo attraversiamo due fasi distinte: la fase REM e la fase NREM. Secondo gli esperti l’individuo sogna maggiormente nella fase REM (quella più vicina al risveglio), durante la quale molti intervistati riportano di aver interagito nel proprio sogno anche con 3-4 personaggi differenti (che di solito fanno parte della loro vita reale). Può capitare però che si sogni anche nella fase NREM, anche se i questo caso il sogno può ospitare più personaggi, talvolta sconosciuti al sognatore.

Artrite e Artrosi: come prevenirle e chi sono i soggetti più a rischio

Artrite e artrosi sono alcune delle patologie più diffuse e dolorose per l’uomo. Nello specifico l’artrosi (il cui termine deriva dal greco artro “articolazione” e osi “degenerazione”) indica la patologia degenerativa a carico delle articolazioni. Si tratta di un disturbo che tende a peggiorare nel tempo comportano significative lesioni a carica della cartilagine articolare. La patologia si manifesta, in un primo momento, con un graduale assottigliamento della cartilagine provocando un sostanziale avvicinamento tra le ossa (causandone una deformazione), i nervi si schiacciano e i muscoli si tendono più del dovuto.

L’artrite invece viene descritta chiaramente dalle parole del dott. Vincenzo Bruzzese, Past President della SIGR (Società Italiana di GastroReumatologia), che afferma: “Quando si parla di artrite infiammatoria, invece, ci si riferisce a un gruppo di malattie autoimmuni determinate cioè, dall’attacco da parte del sistema immunitario, verso i tessuti della propria persona, le articolazioni ma anche altri organi in tutto il corpo. I sintomi congiunti risultanti includono infiammazione, dolore, rigidità e gonfiore”.

I numeri

Secondo dati ufficiali, l’artrosi è una patologia che colpisce circa 5 milioni di italiani, oltre che la prima causa di disabilità tra gli anziani. Si tratta di una condizione che comporta costi molto elevati sia in modo diretto per il paziente, a causa delle cure e delle terapie di riabilitazione alle quali deve sottoporsi, sia in modo indiretto per lo stato, in quanto si registra una importante diminuzione della produttività sia da parte del paziente ma anche dei familiari che devono assisterlo. Per questo motivo si stima che lo stato debba sostenere una spesa di circa 10 miliardi all’anno per offrire assistenza ai soggetti affetti da artrosi.

Tipi di artrosi

Secondo le parole del dott. Bruzzese: “Quando si parla di artrosi di solito si distingue fra una forma primitiva e una secondaria. Nella prima le cause sono sconosciute. Colpisce persone con una predisposizione genetica e in età più giovanile, tale forma è prevalente nel sesso femminile e si caratterizza per la comparsa di noduli alle articolazioni interfalangee delle mani. La sintomatologia dolorosa di solito è modesta, ma le deformità sono progressive e portano a disestetismi e invalidità. La forma secondaria è spesso collegata a cause riconoscibili, come attività lavorative, sportive, traumi, obesità. Di solito colpisce le grandi articolazioni «portanti», quali il ginocchio, l’anca e la colonna vertebrale. Il dolore è importante, specie nelle fasi di riacutizzazione e si accompagna spesso a tumefazione dell’articolazione. In questa forma non c’è prevalenza di sesso e la progressione invalidante è più rapida”.

Prevenzione

Anche se l’artrosi è una patologia legata soprattutto all’età, si può effettuare comunque una importante opera di prevenzione, per evitare l’intenso dolore e la limitazione nei movimenti che la patologia comporta. La prima è più importante opera di prevenzione è l’attività fisica. Praticare un qualsiasi tipo di sport contribuisce a rafforzare la muscolatura e a mantenere le articolazioni elastiche. Chiaramente l’ideale sarebbe praticare sport in cui i movimenti sono armonici e non influiscono negativamente sulle articolazioni portandole all’usura (i più indicati sono ad esempio nuoto, ciclismo e ginnastica a corpo libero). Un altro fattore di prevenzione è legato agli sbalzi termici. Essi infatti sono dannosi per la salute delle nostre articolazioni, ed è per questo che occorre limitarne al minimo gli effetti, adottando un giusto equipaggiamento a tutte le età.

Benessere del cuore: ecco 7 buone pratiche da seguire

Per mantenere il proprio cuore sano ed in salute, ed evitare quindi il pericolo di malattie cardiovascolare che possono essere un serio pericolo per la nostra incolumità, è opportuno tenere uno stile di vita sano, prestando massima attenzione alla nostra alimentazione e facendo la giusta attività fisica. A tal proposito esistono però alcune abitudini, in ambito alimentare, che, insieme ad una regolare e controllata attività fisica, possono contribuire in modo significativo al benessere del nostro cuore e, in generale, di tutto l’apparato cardiovascolare. Vediamo una ad una quali sono.

Le 7 abitudini per la salute del nostro cuore

1 – Frutta e Verdura: un regolare e costante consumo di frutta e verdura è fondamentale per la salute del nostro cuore. Grazie a frutta e verdura infatti garantiamo al nostro organismo un apporto importante di antiossidanti che ostacolano l’azione dei radicali liberi, sostanze dannose per il nostro organismo, causa di stress per il nostro organismo. Gli antiossidanti inoltre favoriscono la produzione di colesterolo “buono”, a discapito di quello “cattivo”, pericoloso per la nostra salute.

2 – Semi e Frutta Secca: consumare giornalmente (in piccole quantità) semi e frutta secca (come noci mandorle e nocciole) favorisce la formazione di acidi grassi insaturi, vitamine e sali minerali, dei veri e propri toccasana per tutto il sistema cardiovascolare.

3 – Pesce in Abbondanza: mangiare pesce almeno 3/4 volte a settimana garantisce al nostro organismo un significativo apporto di Omega 3, le sostanze che più di tutte rappresentano una vera linfa vitale per il nostro cuore.

4 – Legumi: per garantire, invece, la giusta quantità di ferro e proteine è consigliabile mangiare, dalle 3 alle 4 volte a settimana, una dose di legumi.

5 – Cereali ogni giorno: mangiare quotidianamente cereali integrali, ricchi di fibre, vi permetterà di tenere sotto controllo il colesterolo e i trigliceridi, oltre che favorire l’equilibrio della flora intestinale.

6 – Si al Cioccolato: il cioccolato non è assolutamente da bandire, anzi, mangiare un pezzetto di cioccolato (fondente all’85/90%) è un fattore positivo per il benessere del nostro cuore. Il cioccolato infatti contiene sostanze quali i flavonoidi che contribuiscono a favorire la fluidità del sangue, riducendo il rischio di coaguli ematici.

7 – Olio Extravergine di Oliva:  per finire vi consigliamo di utilizzare, per il condimento delle vostre pietanze, un cucchiaio di olio extravergine di oliva che contiene una speciale proteina, chiamata ApoA-IV, che protegge il cuore da infarto e ictus.

La vita in città: quali sono i pro e i contro ?

Il tema che affronteremo in questo articolo rappresenta una domanda che tutti noi, almeno una volta nella vita ci siamo posti, ma che resta tutt’ora senza risposta: meglio la vita in città o in campagna ? Nello specifico in questa sede tenteremo di analizzare queli sono i pro e i contro della vita in una grande città o metropoli. Prima di proseguire è fondamentale però precisare che, in merito a questo tema, molto dipende dalla personalità di ognuno di noi, dalle proprio abitudini, carattere e soprattutto dallo stile di vita che siamo abituati a tenere e che più ci fa comodo. Quindi prima di compiere una determinata scelta, che sia campagna o città, è bene conoscere prima di tutto noi stessi e le nostre abitudini di vita quotidiana.

Fatta questa doverosa premessa proviamo a definire quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi di chi abita in una grande città.

I vantaggi della vita in città

Sicuramente la vita in città è totalmente diversa e, per certi versi, opposta a quella di campagna. Per prima cosa dire città il più delle volte equivale a dire caos, ma non sempre c’è da intedere un’accezione negativa in questa definizione. La vita nelle metropoli infatti è tutt’altro che noisa e ogni giorno si ha la possibilità di fare qualcosa di diverso, che si tratti di una cena in un nuovo ristorante, un nuovo film in uscita nelle sale, un concerto in un pub, una particolare festa in piazza, una partita a bowling o un giro sulle giostre. La lista potrebbe essere davvero interminabile. E’ proprio questo il vantaggio principale delle grandi città, ovvero la possibilità di fare qualsiasi cosa ci venga in mente, perchè tutto sarà disponibile a tutte le ore e a qualche minuto di macchina.

In città inoltre abbiamo la possibilità di vestirci come ci pare in quanto, dato l’elevato numero di persone con gusti, stili e tradizioni diverse, nessuno farà particolarmente caso al nostro abbigliamento. Anche per quanto riguarda il cibo, abbiamo la possibilità di provare qualsiasi tipo di cucina etnica, in quanto i ristoranti che offrono cucine di altre nazioni si trovano sparsi in varie parti della città. E inoltre, qualora non avessimo tanta voglia di metterci ai fornelli, avremo la possibilità di ordinare qualcosa da mangiare tramite telefono o app per smartphone ed attendere che il ragazzo delle spedizioni faccia “il lavoro sporco” al posto nostro.

E poi ancora, abbiamo la possibilità di spostarci con i mezzi di trasporto, lasciando a casa le auto, ci sono palestre, locali, ristoranti, negozi che vendono di tutto e di più ad ogni angolo e, cosa da non poco, supermercati aperti anche 24 ore al giorno.

Gli svantaggi di vivere in città

Ma non è tutto oro ciò che luccica. In città infatti potremo dire addio alla tranquillità, al silenzio e al relax. La vita delle grandi metropoli, come tutti ormai sapranno, è una vita frenetica, chiassosa e spesso molto confusionale. Ci ritroveremo a combattere con traffico, file chilometriche per entrare nel locale più in voga del momento e negozi super affollati per i saldi da poco disponibili. In città spesso i prodotti alimentari non sono sempre freschissimi e di alta qualità (al contrario della campagna), nonostante siano disponibili tutto l’anno. Ma il disagio maggiore è legato alle auto. C’è un forte rischio di imbattersi in multe per le varie zone ZTL, ecopass, parcheggi riservati, per non parlare delle difficoltà che si riscontrano per trovare parcheggio o per guidare nel traffico, soprattutto se il semaforo è verde e non partite all’istante.

Ultimo, ma non per importanza, è l’inquinamento. In città i livelli di inquinamento (del suolo, dell’aria, idrico e acustico) sono notevolmente più altri rispetto alla campagna, con ripercussioni importanti sulla salute degli individui.

Il segreto per un sonno perfetto: la temperatura corporea

I benefici del sonno sono ormai ampiamente riconosciuti, sia per il corpo ma soprattutto per la nostra mente. Uno dei problemi più diffusi però per l’uomo, che influenza negativamente la nostra salute, è proprio quello infatti di non dormire abbastanza o, comunque, non correttamente. Qual è quindi il segreto per riposare bene e rigenerare il nostro organismo al meglio durante le ore di sonno? Una risposta ci viene fornita da un recente e interessantissimo studio internazionale che ha coinvolto anche l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, oltre che una lunga serie di istituti di ricerca europei e statunitensi (Center for Chronobiology, Basel University, Sleep Medicine Center, University of Berlin, Center for Sleep and Circadian Biology, Northwestern University Chicago). Secondo lo studio, più che i farmaci e le terapie, la temperatura del nostro organismo risulta fondamentale per un sonno corretto. Abbassando infatti la temperatura interna del corpo, così come avviene per alcuni animali durante il letargo, il sonno risulta essere più profondo e ristoratore.

Il materasso innovativo

La ricerca è stata sviluppata analizzando il sonno di 60 volontari, tutti sani ed esenti da problemi di sonno, sia su dei comuni materassi ( a bassa capacità termica) sia su un nuovo ed innovativo materasso (ad alta capacità termica), un composto poliuretanico con una capacità termica 10 volte superiore alla norma, capace di disperdere nell’ambiente il calore corporeo. Nell’ultimo caso, si è registrato un aumento considerevole del sonno ad onde lente, ovvero la fase più profonda del sonno non REM, in cui avvengono i principali processi fisiologici e metabolici importanti per il benessere del nostro organismo. Questo comporta una significativa riduzione dei disturbi legati al sonno, colpevoli di ridurre significativamente le nostre performance cognitive (come attenzione e memoria) e fisiche (provocando un senso di stanchezza e spossatezza persistente).

Come sottolineato dall’ospedale Molinette “Il segreto è in un materiale altamente tecnologico che ricopre il materasso e sottrae calore al corpo, analogamente a quanto avviene negli orsi o nelle marmotte durante il letargo invernale. Insomma corpo più freddo, sonno più profondo”. Lo studio, in fase di approfondimento e perfezionamento, può aprire nuovi scenari nell’ambito della modulazione del sonno, specialmente in ambito farmacologico.

Intossicazione alimentare: ecco 9 consigli per evitarla

Ci prepariamo tutti ormai alle vacanze estive. C’è chi è già in spiaggia a rilassarsi, chi prepara le ultime cose da mettere in valigia e chi, purtroppo, è già di ritorno dalle tanto desiderate ferie. La vacanza è per tutti un momento di relax e di intenso divertimento. Capita spesso però, durante i soggiorni fuori porta, dove la routine quotidiana viene interrotta, di imbattersi in alcune patologie gastrointestinali che possono potenzialmente rovinare un’intera vacanza. Prima su tutte l’intossicazione alimentare. Vediamo quindi insieme alcune semplici regole da seguire per evitare di trascorrere la propia vacanza distesi sul letto di un ospedale o, e forse è anche peggio, seduti in bagno ore ed ore.alimentazione

Le regole da seguire

1) IGIENE: dovunque ci si sposti (case, alberghi, campeggi ecc) occorre per prima cosa igienizzare la cucina. Quindi pulire e disinfettare accuratamente posate, stoviglie, utensili da cucina e soprattutto qualsiasi luogo in cui andrete a riporre il cibo (frigo, mobili, scaffali).

2) FRIGO: proprio il frigo può rappresentare una delle insidie peggiori per la nostra salute. Una regola fondamentale è quella di riporre gli alimenti in frigo in modo ordinato, evitando che i vari alimenti entrino in contatto diretto fra loro. E’ utili quindi munirsi di recipienti in vetro o contenitori sottovuoto per la conservazione anche degli avanzi. Ovviamente prima di inserire gli alimenti è opportuno pulire accuratamente l’intero frigo.

3) FRUTTA E VERDURA: lavare sempre frutta e verdura prima di mangiarle ed evitare di metterle in frigo dopo averle lavate in quanto c’è il rischio che sviluppino patogeni in grado di infettare tutti gli altri alimenti presenti in frigo.

4) CARNE: la carne va sempre tenuta in frigo in sacchetti per gli alimenti e va riposta nei cassetti in basso. A seconda del tipo va consumata in un certo periodo di tempo: 24 ore per la carnemacinata, 48 ore per pollo o tacchino, 3 giorni per affettati e carne fresca al taglio.

5) PESCE: per quanto riguarda il pesce si tratta di un alimento che va pulito, eviscerato, lavato e ben asciugato prima di essere riposto in un contenitore ermetico nella parte bassa del frigo. In questo caso va consumato, indipendentemente dal tipo, entro 24 ore.

6) UOVA E LATTICINI: non vanno mai tenuti liberi in frigo ma sempre riposti negli appositi ripiani del frigorifero

7) FREEZER: per poter surgelare gli alimenti in totale sicurezza, sia carne che pesce, è bene avvolgerli in una pellicola o sacchetto per alimenti. Lo scongelamento invece va effettuato sempre in frigo e mai a temperatura ambiente.

8) ETICHETTA: leggere sempre attentamente le etichette al momento dell’acquisto. Controllare in primis la scadenza dei prodotti. Quelli con scadenza ravvicinata vanno posizionati sempre ben in vista in modo tale da essere consumati per primi.

9) LA COTTURA: per assicurarsi di eliminare tutte le spore ed i batteri degli alimenti occorre far salire la temperatura di cottura sopra i 120°.

Con queste poche e semplici accortezze potrete godervi una vacanza liberi da intossicazioni!

A Settembre partirà l’insegnamento delle tecniche di primo soccorso nelle scuole italiane

C’è grande fermento per l’attuazione della normativa, prevista dalla legge sulla Buona Scuola, sull’insegnamento delle principali tecniche di primo soccorso in tutte le scuole del territorio nazionale. Si tratta di una iniziativa estremamente importante in quanto potrebbe permettere il salvataggio di numerose vite, sia a scuola sia nella vita di tutti i giorni. Conoscere, infatti, quali sono le principali tecniche salvavita può esserci d’aiuto in moltissime situazioni giornaliere, sia per quanto riguarda il riconoscimento sul proprio corpo di segnali preoccupanti che indicano il manifestarsi imminente di una determinata patologia (l’infarto è sicuramente tra queste), sia per correre in aiuto di un familiare, parente o un individuo sconosciuto (nel caso di un malore in strada) fino anche a salvargli la vita.

L’iniziativa è stata affidata dal Miur a Mario Balzanelli, presidente del Sis 118, che definisce il percorso intrapreso come: “Una grande operazione culturale, che vede l’Italia ai primi posti nel mondo e maglia rosa per l’iniziativa che ha riguardato le lezioni ai bambini dell’asilo”. Prima di partire con le lezioni sull’intero territorio italiano, è stata effettuata, come giusto che si in questi casi, una sperimentazione che ha coinvolto diverse scuole in tutta italia, appartenenti a diversi livelli di istruzione. I risultati sono stati estremamente positivi e incoraggianti tanto che, per fortuna, il servizio sarà esteso a tutto il territorio nazionale.

La sperimentazione

Le lezioni sperimentali si sono tenute in diverse città d’Italia (Taranto, Vibo Valentia, Sassari, Salerno, Campobasso, Latina, Pistoia, Perugia, Macerata, Savona, Sondrio, Padova, Trieste) e sono state accolte in maniere entusiasmante sia dagli alunni, chi più grande chi meno, sia dai professori e da tutto il personale scolastico. Al termine del percorso le stime parlando di circa 4500 studenti coinvolti. Stando al programma prestabilito, ai bambini più piccoli, ovvero quelli delle scuole materne, i bambini hanno imparato a riconoscere i maggiori pericoli per la loro persona e ad avvisare gli adulti o chiamare il 118. Crescendo con l’età aumentano anche le capacità dei bambini, difatti alle scuole elementari gli studenti hanno imparato a riconoscere un infarto e a praticare il massaggio cardiaco, oltre che studiare le principali manovre per rimuovere un corpo esterno dalle vie respiratorie. Alle medie si è lavorato invece sulla respirazione artificiale, sul primo soccorso in caso di emorragia e su come trattare le ferite da ustione. Infine i ragazzi più grandi hanno imparato l’utilizzo del defibrillatore, l’apertura delle vie aeree, stabilizzare il collo, immobilizzare gli arti e, più in generale, hanno visto nel dettaglio come medicare una ferita.

Si tratta di un percorso davvero fruttuoso, stando alle stesse parole di Balzanelli infatti: “Con questo progetto sulle manovre salvavita insegnate ai giovani, saranno formati 5 milioni di studenti e 800 mila tra professori e personale Ata. Ogni anno con la Maturità usciranno dalle scuole 500 mila giovani in grado di usare un defibrillatore e con un certificato Blsd”. Numeri importanti e che potrebbero contribuire a salvare numero vite.

Stop alla cellulite: ecco 5 utili consigli per combatterla

Siamo quasi giunti, finalmente, al tanto atteso periodo delle vacanze estive. Dopo un intero anno passato a lavoro o sui banchi di scuola, è arrivato il momento di goderci una meritata vacanza. La meta più ambita da tutti è, come sempre, il mare. Tralasciando il problema della prova costume, che per molti è ancora uno scoglio troppo alto da superare, poniamo l’attenzione su di un altro problema che interessa nello specifico le donne: la cellulite! Di cosa si tratta nello specifico? Forse non tutti sanno che la cellulite è una infiammazione del tessuto connettivo posto sotto la cute e che comporta, a sua volta, un aumento del tessuto adiposo con conseguente deformazione della pelle che assume un aspetto ondulato comunemente definito come effetto “a materasso”. I fattori che incidono sulla formazione della cellulite sono diversi, ma tra questi hanno un ruolo di primo piano sia gli estrogeni, ormoni prettamente femminili, sia la circolazione irregolare del sangue che provoca un accumulo di liquidi nelle zone in cui si forma poi la cellulite.

La cellulite può avere natura patologica o ereditaria e si presenta maggiormente nelle donne in gravidanza o durante il ciclo mestruale, mentre sembra diminuire in menopausa. Vediamo però quali sono i rimedi per contrastare la formazione di questo inestetismo che mette a disagio molte donne soprattutto nel periodo estivo in cui il corpo tende ad essere maggiormente scoperto.

I 5 consigli per combattere la cellulite

1 – E’ tempo di disintossicarsi: la cellulite fa la sua comparsa negli organismi carichi di tossine. E’ bene quindi intraprendere un’azione purificatrice del nostro corpo e delle nostre cellule in modo da velocizzare il metabolismo ed evitare accumuli di materiale adiposo e di conseguenza una diminuzione dell’elasticità della pelle. Occorre quindi consumare cibi depurativi per smaltire tutto ciò che è dannoso al nostro organismo.

2 – Attenti all’alimentazione: come per buona parte delle patologie, la chiave per una ripresa efficiente dell’organismo risiede in una corretta e variegata alimentazione, evitando cibi troppo salati e pieni di zuccheri, favorendo invece il consumo di alimenti ricchi di fibre, utili per il corretto funzionamento del tuo intestino.

3 – Lo sport: l’attività fisica è fondamentale per combattere la cellulite. Lo sport infatti contribuisce al miglioramento della circolazione sanguigna, tonifica e rinforza i muscoli e i tessuti.

4 – Tanta acqua: bere molta acqua e mantenersi costantemente idratati è uno dei rimedi migliori al fine di prevenire la formazione della cellulite. Assumere almeno 1,5 L di acqua al giorno contribuisce a combattere la ritenzione idrica e a depurare l’organismo dalle sostanze in eccesso, evitandone l’accumulo nel nostro corpo.

5 – Trattamenti anticellulite: oltre ad uno stile di vita sano con attività fisica ed una corretta alimentazione, può risultare davvero fondamentale sottoporsi a varie tipologie di trattamenti anticellulite (medici, estetici e naturali) grazie soprattutto all’esperienza e ai consigli di persone qualificate e specializzate nel trattamento della cellulite.

Si consiglia inoltre di evitare indumenti troppo stretti, in quanto ostruiscono la normale circolazione del sangue, ed eliminare (o almeno diminuire) alcool e fumo dal proprio stile di vita.

Spreco di cibo: i consigli del ministero della salute per ospedali, aziende e scuole

Dal ministero della salute arrivano alcune importanti direttive e consigli per evitare lo spreco di cibo (eccessivo secondo gli ultimi dati) che si viene a creare nelle istituzioni come scuole ed ospedali ma anche nelle aziende medio grandi che prevedono una mensa per i propri lavoratori. Le stime parlano chiaro e sono molto preoccupati. Secondo alcuni dati infatti oggi, da quanto si evince dalle stime della Caritas e del Banco Alimentare (fondazione ONLUS che promuove il recupero delle eccedenze alimentari e la redistribuzione delle stesse alle strutture caritative) nella ristorazione organizzata vengono prodotti ogni anno circa 210.000 tonnellate di eccedenze. Si tratta di una quantità di cibo sprecato incredibilmente alta, se si pensa sopratutto che di questa enorme cifra solo il 12% viene recuperato e riutilizzato a favore di chi ne ha maggiormente bisogno.

Lo spreco di cibo, come già detto, interessa oltre alle aziende anche gli ospedali, dove l’alimentazione del paziente ha un’importanza ancora maggiore, e le mense scolastiche. Quali sono allora i consigli del ministero della salute per far fronte a questa grave problematica e recuperare quindi le eccedenze che si formano pasto dopo pasto? Analizziamole in base al settore interessato.

Per gli ospedali

Tra le soluzioni consigliate per evitare gli sprechi delle mense ospedaliere, il ministero della salute suggerisce di dare la possibilità al paziente di scegliere il pasto che più preferisce da un menù variegato, realizzato appositamente per lui. Non dimentichiamoci infatti che alcuni pazienti, a causa di determintate patologie di cui sono affetti, possono consumare solo specifici alimenti a scapito di altri. Questo però non pregiudica il fatto che il paziente possa comunque scegliere l’alimento che più gli aggrada da una lista di pietanze a lui concesse. Si consiglia inoltre di evitare porzioni abbondanti, per evitare eccedenze, e nel caso di pazienti malnutriti prevedere piatti fortificati.

Per la scuola

Anche sul fronte delle mense scolastiche gli sprechi alimentari non sono pochi. Secondo il ministero, oltre a creare una rete anti-spreco che includa scuole, famiglie e istituzioni, in modo da educare gli alunni ad uno stile di vita che eviti lo spreco degli alimenti, sarebbe opportuno offrire ai ragazzi una seconda razione di frutta da aggiungere a quella che normalmente viene data a pranzo e utilizzare per la merenda del giorno successivo frutta, pane e budini. E’ importante inoltre rendere più accoglienti le mense scolastiche, troppo spesso disorganizzate, troppo grandi, rumorose e male illuminate.

Per le aziende

Infine, non mancano i consigli per le aziende, medie o grandi che siano, che dispongono di una mensa interna per i pasti dei propri lavoratori. Per le aziende si parla del 2-3% delle eccedenze alimentari. Secondo il ministero occorre che cuochi e nutrizionisti lavorino fianco a fianco per garantire dei menù variegati ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale ma che risultino anche molto appetibili per i lavoratori.

In via generale comunque andrebbero promossi maggiormente quegli alimenti conosciuti come “second life menu”, ovvero tutti quelli composti da ingredienti che possono essere facilmente riutilizzati per creare nuove pietanze gustose e che incontrino le preferenze dei consumatori. Infine, in qualunque situazioni, occorre organizzare la distribuzione delle eccedenze da destinare alle associazioni caritative e procedere al riciclo del materiale non più utilizzabile per l’alimentazione.

Le donne percepiscono maggiormente il dolore rispetto all’uomo

Percezione del dolore nelle donne e negli uomini

Le differenze tra uomo e donna sono sempre state oggetto di studi scientifici. L’essere umano di sesso maschile si differenzia molto da quello femminile, sia anatomicamente parlando sia dal punto di vista emotivo e psicologico. Secondo alcuni studiosi, uomini e donne avrebbero anche un differente approccio con il dolore fisico, che vedrebbe negli individui di sesso femminile una maggiore sensibilità rispetto ai soggetti maschili. Secondo alcuni dati infatti le percentuali che si riferiscono alla percezione del dolore di uomini e donne sono molto differenti. Nelle donne si va dal 45,6% al 56% mentre nell’uomo dal 32% al 44%. Queste differenze diventano ancora più significative sotto i 18 anni o negli individui over 65, in cui la percentuale femminile è del 40,1% contro il 23,7% maschile.

Ad avvalorare questi dati è la medicina di genere, con le parole di Marina Rizzo, neurologa degli ospedali riuniti di Palermo, secondo la quale “Le differenze tra i generi sono molte e molti sono i fattori che condizionano la diversa percezione tra maschi e femmine, in particolare per il dolore forte”. Secondo la dottoressa tra i principali fattori che influenzerebbero la percezione del dolore ci sarebbero gli ormoni sessuali: “Da studi clinici sembra che il testosterone abbia un’azione protettiva sul dolore. Si è vista l’associazione tra la diminuzione della concentrazione di androgeni e dolore cronico mentre l’utilizzo di ormoni estrogeni aumenta la percezione del dolore. Sono note poi le variazioni della sintomatologia dolorosa durante il ciclo mestruale”.

I recettori del dolore

Ad avvalorare la tesi della dott.ssa Rizzo ci sono le parole del dott. Diego Fornasari, farmacologo dell’ Università di Milano, che evidenzia le diversità a livello biologico tra uomo e donna nei meccanismo coinvolti nella regolazione e nella trasmissione del dolore a livello delle sinapsi, ovvero dei collegamenti che permettono la trasmissione degli impulsi dalle fibre nervose periferiche a quelle che portano l’impulso verso il sistema nervoso centrale. Spiega il dott. Fornasari: “Questa sinapsi è assolutamente fondamentale perché è qui che la storia di uno stimolo doloroso può essere grandemente modificata, per esempio nei processi di cronicizzazione del dolore. Abbiamo delle vie discendenti che modulano l’attività di questa sinapsi che si comportano come semafori che fanno passare gli impulsi. Su mille impulsi ne possono passare duecento oppure ne possono passare mille oppure, nella cronicizzazione, i mille impulsi possono essere percepiti come diecimila”. Questo meccanismo di controllo, secondo l’esperto, viene influenzato dall’area del cervello coinvolta nella vita emotiva, detta corteccia limbica, ed è proprio il diverso approccio all’emotività tra uomo e donna che ne differenzia di conseguenza anche la percezione del dolore. Per Fornasari infatti: “Esistono delle connessioni neuronali precise fra le aree della nostra vita emotiva e il dolore. Ecco che se ho una vita emotiva complessa, disturbata queste vie discendenti potrebbero funzionare meno bene”.

Stress a lavoro: una piccola pausa quotidiana è la chiave per dormire meglio

Le giornate lavorative sono per noi spesso sinonimo di stress e tensione. Le corse mattutine per non fare tardi, il traffico che puntualmente ci blocca ogni giorno, il turno peggiore che potesse capitarci, il capo che continuamente ci mette sotto pressione, per non parlare dei tanti imprevisti e problemi che possiamo incontrare durante la nostra routine lavorativa di ogni giorno. Ciò che deve preoccupare è che tutta questa serie di situazioni stressanti e pensieri negativi spesso si trasformano in problemi di salute che non andrebbero trascurati perché pericolosi per il benessere del nostro organismo.

Il problema principale è l’insonnia e il sonno interrotto, che possono rendere le nostre nottate un vero incubo, togliendoci la possibilità di riposare al meglio per affrontare, il giorno seguente, una nuova “battaglia” sul posto di lavoro. Ci sono però tutta una serie di attività che possono scongiurare questa ipotesi. Sarebbe opportuno infatti, dopo un’intensa giornata lavorativa, dedicare a se stessi qualche momento per svolgere un’attività che possa far “evaporare” lo stress accumulato permettendoci poi di riposare serenamente durante la notte. Queste attività possono essere sia rilassanti come lo yoga, la meditazione, la lettura, ascoltare musica ma anche attività più impegnative come lo sport o una semplice passeggiata. In questo modo ci libereremo dello stress accumulato durante il giorno e potremo recuperare le energie durante il sonno.

La ricerca: Stress a lavoro

A sostegno di questa tesi vi è la ricerca svolta dall’ Oakland University, negli Usa, pubblicata sul Journal of Occupational Health Psychology. Lo studio ha preso in esame circa 700 individui, dipendenti del servizio forestale degli Stati Uniti d’America. A loro sono state poste delle domande inerenti alla propria routine lavorative, ai problemi e alle incomprensioni che dovevano affrontare sul posto di lavoro, le situazioni spiacevoli e gli avvenimenti negativi. Gli è stato poi chiesto se svolgessero un qualsiasi tipo di attività extra lavorativa e se soffrissero d’insonnia. Le risposte dei lavoratori hanno dimostrato che i dipendenti che non svolgono alcun tipo di attività oltre al lavoro e che spesso si ritrovano in situazioni spiacevoli durante la routine lavorativa, soffrono di insonnia e disturbi del sonno. Al contrario invece dei lavoratori che si intrattengono in qualche hobby o sport dopo il lavoro, che invece riescono a dormire più serenamente e ad affrontare con più positività la giornata lavorativa.

Secondo la direttrice principale dello studio, Caitlin Demsky: “Nel nostro mondo professionale competitivo e frenetico è più importante più che mai che i lavoratori siano nelle migliori condizioni per avere successo, e una buona notte di sonno è la chiave per farlo”. Si capisce quindi quanto sia importante riuscire a riposare al meglio, soprattutto perché le conseguenze a lungo termine di una condizione simile possono ripercuotersi negativamente sulla salute del nostro corpo.

Attività fisica: un’arma vincente per evitare fratture e prevenire l’osteoporosi

Abbiamo già largamente discusso sull’incredibile importanza (per tutte le età) di svolgere un qualsiasi tipo di attività fisica per il benessere e la salute del nostro corpo, sia dal punto di vista fisico che psicologico (contro l’ansia e lo stress per esempio). Svolgere una regolare attività infatti è di vitale importanza per la prevenzione di alcune pericolose malattie che spesso sono tra le principali cause di morte al mondo. Lo sport infatti è fondamentale per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, per il diabete, per alcuni disturbi respiratori ma anche per rinforzare il nostro organismo sia dal punto di vista muscolare ma, anche e soprattutto, per quanto riguarda le nostre ossa.

Con l’attività fisica infatti si può ridurre sensibilmente il rischio di osteoporosi in età anziana, scongiurando quindi il pericolo di fratture e di impoverimento della densità ossea, causa di dolori e difficoltà nella deambulazione per i soggetti che ne sono affetti.

Gli effetti positivi dell’esercizio fisico e dell’ attività fisica

Un regolare esercizio fisico sta alla base di qualsiasi terapia di prevenzione e cura dell’osteoporosi. I benefici infatti sono molteplici:

  • grazie allo sport si verifica un aumento della massa ossea sia nei soggetti sani (con densità ossea normale) sia in quelli affetti da osteoporosi
  • l’esercizio fisico è efficace nel ridurre il consumo di analgesici
  • i soggetti che praticano attività fisica registrano un notevole e generale miglioramento della qualità della vita
  • aumentano le abilità funzionali nelle attività della vita quotidiana
  • è consigliato svolgere attività fisica fin dalla giovane età per poter raggiungere un picco di densità ossea molto elevato
  • con lo sport si migliora l’equilibrio , il tono muscolare ed i riflessi, fattori che risultano fondamentale soprattutto per evitare le cadute
  • infine, migliorando la densità ossea, diminuisce sensibilmente il rischio di fratture in seguito a traumi

L’attività fisica da prediligere per i soggetti che sono già affetti da osteoporosi sono quelle a carico naturale, ovvero dove il solo peso che grava sui muscoli e sulle ossa è quello del nostro corpo spinto dalla forza di gravità (non si devono aggiungere pesi ulteriori per intenderci). Per questo motivo gli esercizi più indicati sono: camminata, marcia, aerobica, ballo, ciclismo, nuoto e salire le scale. La corsa è utile ma sconsigliata nei soggetti che si trovano in uno stato avanzato della malattia.

C’è da precisare ovviamente che l’attività fisica non è assolutamente l’unico rimedio, cura o attività di prevenzione per l’osteoporosi. Occorre in ogni caso rivolgersi al proprio medico per ricevere tutte le informazioni e i consigli per difendersi al meglio da questa patologia.

 

 

Una vita sedentaria influisce negativamente sulla memoria

Vita Sedentaria: Si sa che uno stile di vita troppo sedentario è fortemente negativo per la salute ed il benessere del nostro organismo. Stare troppe ore al giorno seduti su una sedia dietro ad una scrivania (come nel caso dei lavori d’ufficio o dello studio) o, ancor peggio, passare intere giornate sul divano a guardare la TV (magari accompagnando il tutto con degli snack non proprio salutari) sono abitudini che incidono fortemente e negativamente sulla nostra salute. Tra i rischi più diffusi ci sono sicuramente i problemi legati alla salute del nostro cuore, maggiormente soggetto a patologie pericolose negli individui troppo “amanti della poltrona”. Ma la lista è lunga e, oltre ai già citati problemi cardiocircolatori, include anche diabete e più in generale la possibilità di morte prematura.

Come se non bastasse, secondo un recente studio, uno stile di vita troppo sedentario avrebbe degli effetti negativi anche sul nostro cervello, in particolare sulla sezione che gestisce la memoria.

Lo studio

Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California di Los Angeles, che ha coinvolto circa 35 persone di età compresa tra i 45 e i 75 anni, una vita sedentaria porterebbe a dei cambiamenti significativi nella zona del cervello che è fondamentale per la memoria. Tutti i partecipanti alla ricerca si sono sottoposti, dapprima, ad un test conoscitivo per scoprire le loro abitudini e la loro routine quotidiana, con specifiche domande sulla loro (eventuale) attività fisica e sul numero medio di ore trascorse seduti durante l’arco della giornata. Le domande hanno interessato maggiormente il periodo che comprende la settimana antecedente al test.

Dopo il test tutti i partecipanti si sono sottoposti ad una risonanza magnetica ad alta risoluzione, per poter osservare con chiarezza il lobo temporale mediale, la porzione del cervello che è attivamente coinvolta nella formazione delle nuove memorie. Dagli esami effettuati si è potuto notare come uno stile di vita molto sedentario comporti l’assottigliamento della sezione temporale mediale del cervello. Una simile situazione può portare, con l’avanzare degli anni, al declino delle capacità cognitive dell’individuo  e al manifestarsi della demenza.

Come rimediare

Lo studio ha anche fatto emergere che l’attività fisica da sola non basta a migliorare questa condizione e a proteggere la salute del nostro cervello. Occorre quindi modificare le proprie abitudini e il proprio stile di vita. Bisogna evitare di passare troppe ore della giornata consecutive seduti su una sedia ma sarebbe opportuno, di tanto in tanto durante l’arco della giornata, fare delle piccole passeggiate, anche di poche decine di minuti (basta pensare che per rimediare ad un’intera giornata trascorsa sulla sedia occorre fare almeno un’ora di passeggiata). I soggetti più a rischio sono quelli che svolgono un lavoro d’ufficio ma, anche in questo caso, occorre approfittare di tutti i momenti del giorno in cui si ha qualche minuto di pausa per fare dei piccoli esercizi fisici per sgranchire braccia e gambe. E’ anche utile partecipare agli eventi che promuovono uno stile di vita sano per apprendere utili consigli su come muoversi senza stravolgere la propria routine abituale.

ADOLESCENTI: un eccessivo consumo di caffeina per oltre la metà di loro

Ritmi di vita troppo estenuanti, poco tempo dedicato al sonno e al riposo, studio e lavoro:

sono questi alcuni dei fattori che hanno determinato un aumento del consumo di caffeina in età adolescenziale, fino a raggiungere dei livelli dannosi per quasi la metà degli adolescenti. Gli effetti del caffè e – di conseguenza – della caffeina in esso contenuta, sono molto incisivi sul nostro organismo. Questa sostanza, infatti, stimola la funzione cardiaca e nervosa, diminuisce l’appetito e induce il dimagrimento, aumentando la quantità di calorie bruciate dall’organismo.

Tuttavia, anche la caffeina, come molte altre sostanze, può essere rischiosa per il nostro organismo se assunta in quantità elevate. Quando è eccessiva, infatti, l’azione stimolatoria del sistema gastrico può provocare danni al sistema digerente, mentre l’azione stimolatoria del sistema cardiaco e nervoso può rivelarsi pericolosa nei soggetti che soffrono di insonnia, vampate di calore e ipertensione. Pertanto, per la salvaguardia del nostro benessere è buona norma non eccedere nell’assunzione di caffeina.

Lo studio sugli adolescenti

Per le motivazioni appena elencate, l’Università di Foggia ha realizzato uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Acta Pediatrica, su circa 1200 adolescenti per verificare quale sia il loro effettivo consumo di caffè. Agli studenti di quattro scuole del foggiano è stato somministrato un questionario anonimo e dai risultati è emerso che quasi la metà dei soggetti esaminati, compresi dai 12 ai 19 anni di età, fa un eccessivo consumo di caffeina, spesso oltre i limiti consigliati. Il 76% dei ragazzi ha ammesso di assumere caffeina quotidianamente, con prevalenza di caffè, seguito da soft drink (34,3%) ed energy drink (2,3%).

Secondo lo studio, gli adolescenti consumano in media una quantità di caffeina pari a 125,2 milligrammi, che nelle ragazze arriva anche a picchi di 126,3 milligrammi. Da questi dati si evince che il 46% dei soggetti esaminati supera la dose di caffeina consigliata dall’Accademia dei pediatri Usa (AAP), individuata in 100 milligrammi. Tra i fattori che contribuiscono all’aumento dell’assunzione di caffeina, un ruolo cruciale svolgono il nervosismo e l’agitazione maggiori tipici dell’età adolescenziale.

Angelo Campanozzi, coordinatore dello studio, spiega: “Questi risultati potrebbero essere usati per mettere in piedi una campagna di sensibilizzazione diretta a ridurre il consumo della stessa tra gli adolescenti. Poiché è durante l’infanzia e l’adolescenza che si sviluppano le abitudini alimentari, l’educazione precoce a un consumo limitato di caffè è fondamentale per ridurre possibili comportamenti sbagliati in età adulta”.

Le emozioni mettono in moto il cervello degli adolescenti

Non è difficile pensare che uno stato emotivo particolarmente forte possa causare un aumento dell’attività cerebrale, soprattutto negli adolescenti. Il dato è interessante soprattutto se confrontato ad altri meccanismi che mettono in funzione il nostro cervello, meccanismi che però richiedono una partecipazione minore rispetto all’elaborazione delle emozioni. Questo tema è stato al centro di una ricerca molto interessante nata da una collaborazione tra IRCCS Medea e il Polo di Bosisio Parini dello stesso Istituto, con la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e con la Università degli Studi di Milano, pubblicato sulla rivista Brain and Cognition.

L’esperimento

I soggetti della ricerca sono stati un gruppo di ragazzi di età compresa tra i 14 ed i 19 anni. E’ stato chiesto loro di leggere mentalmente, in due fasi ben distinte, prima dei verbi emotivi e successivamente dei verbi che descrivono azioni. In entrambi i casi i soggetti dovevano immaginare loro stessi nelle situazioni corrispondenti. Dallo studio delle risonanze magnetiche effettuate sui ragazzi che hanno preso parte all’esperimento, è risultato che l’interazione con i verbi che descrivono situazioni emotive causa un incremento di attivazione in due aree precise del cervello.

Secondo la responsabile del progetto, Barbara Tomasino, le zone del cervello che si “attivano” maggiormente in questa fase sono quelle in cui, stando alle parole dell’esperta, “viene codificata la consapevolezza emotiva legata alle parti del nostro corpo, come quando aumenta la sudorazione per uno stato d’ansia o accelera il battito cardiaco per la paura”. Tutto questo meccanismo non si attiva quando il cervello è impegnato a decodificare i verbi che descrivono azioni o una situazione emotiva ma con un compito di tipo cognitivo, come individuare una lettera specifica all’interno del verbo. Infatti, come afferma anche Barbara Tomasino: “Non basta quindi pensare al verbo amare perché si attivino le aree cerebrali coinvolte nella decodifica di questa esperienza emotiva, ma occorre immaginare anche le sensazioni corrispondenti all’amore”.

Questa particolare attività cerebrale, fortemente presente nei ragazzi, si manifesta anche nel cervello degli adulti, ma con un’intensità minore. Infine, secondo Paolo Brambilla dell’Università degli studi di Milano, questo interessantissimo studio “apre la strada verso l’approfondimento di quelle situazioni emotive che spesso si riscontrano in psicopatologia in ragazzi ed adulti sofferenti di ansia, fobie o depressione”.

SALUTE: eliminando fumo e sedentarietà si può evitare un tumore su tre

Anche quest’anno, come ormai è abitudine fare, l’AIRC (associazione italiana per la ricerca sul campo) ha dato il via all’iniziativa “Arance della Salute“. In circa 2500 piazze su tutto il territorio nazionale si sono tenute campagne di sensibilizzazione per finanziare la ricerca contro il cancro ed agevolare, così facendo, il lavoro di circa 5 mila ricercatori tutti impegnati nelle università, nei centri di ricerca e negli ospedali a rendere il cancro sempre più curabile. La scelta delle arance rosse è dovuta al fatto che questo frutto è ricco di pigmenti antiossidanti e contiene circa il 40% di vitamina C in più rispetto agli altri agrumi. Oltre alla arance sono stati distribuiti depliant informativi con alcuni consigli per intraprendere uno stile di vita sano e soprattutto che possa ridurre al minimo il rischio di incorrere in tumori. Vediamo insieme quali sono i consiglio più importanti.

Sana alimentazione

La prima regola fondamentale, se si vuole intraprendere uno stile di vita sano, è quella di adottare un regime alimentare equilibrato e variegato. Sotto questo aspetto la dieta mediterranea è sicuramente una delle più apprezzate dai vari studiosi ed esperti di alimentazione, grazie alle proprietà benefiche e anti-ossidanti degli alimenti che la compongono, utili sia per rafforzare il nostro organismo e le nostre difese immunitarie, sia nella lotta alla prevenzione del cancro. Ad essere sotto accusa sono soprattutto gli zuccheri, che provoca un aumento di insulina, derivanti da un consumo eccessivo di pasta, pane, dolci e farine raffinate. Una dieta troppo ricca di zuccheri è molto pericolosa per il nostro organismo, crea infatti uno stato di infiammazione cronica che favorisce lo sviluppo di diverse malattie come il diabete, l’arteriosclerosi e il cancro.

Fumo e sedentarietà

Stando ai rapporti dell’AIRC una sana alimentazione non basta da sola a proteggerci dal rischio di incorrere in patologie pericolose per la nostra salute. Secondo i medici e i ricercatori infatti, gli altri due fattori che mettono a rischio il benessere del nostro organismo sono il fumo e la sedentarietà. Anche una sola sigaretta al giorno infatti mette il nostro corpo a rischio di malattie polmonari e cardiache che potrebbero risultare fatali per la nostra vita. Allo stesso modo, uno stile di vita sedentario, in cui è assente qualsiasi tipo di attività fisica, contribuisce ad indebolire il nostro organismo, rendendolo più vulnerabile ed esposto a rischi cardiovascolari ma non solo. Secondo le stime dei medici un tumore su tre è evitabile se si tiene un regime alimentare corretto, se si elimina completamente il fumo dalla propria vita e se si pratica costantemente un’attività fisica.

La vita è il bene più prezioso che possediamo al mondo, sarebbe un vero peccato rovinarla con le nostre stesse mani!

INFLUENZA: in arrivo il picco massimo

Nelle ultime settimane sono più di 7 milioni gli italiani costretti a letto a causa dell’infuenza che, quest’anno, sembra essere davvero molto aggressiva. Come sempre i soggetti più colpiti sono gli anziani, i bambini e tutti i pazienti che soffrono di patologie croniche. I sintomi più diffusi sono febbre, tosse e un senso di spossatezza generale che colpisce tutto l’organismo, costringendo gli ammalati ad un riposo forzato sotto le coperte. Questa ondata di malattia non ha raggiunto ancora il picco massimo (in arrivo per la prossima settimana) ma i suoi numeri hanno già superato quelli registrati lo scorso anno.

Secondo Caterina Rizzo, epidemiologa dell’Istituto Superiore di Sanità, “Questa stagione sta avendo un impatto maggiore. Abbiamo i numeri più alti delle ultime cinque stagioni. Una diffusione maggiore, ma i casi severi sono in linea con le stagioni precedenti. Comunque ci stiamo avvicinando al picco: nell’ultima settimana di dicembre ci sono stati 11 casi su mille abitanti, già nella settimana scorsa ne abbiamo avuti 13,5. Pensiamo che il picco più alto che si è mai registrato è stato di 15 casi su mille, nella stagione 2004-2005. Quindi siamo già ad un livello alto“.

I casi più gravi

Nonostante i numeri dei casi più gravi sian0 in linea con quelli degli anni passati non sono mancati, purtroppo, i decessi. Dall’inizio della sorveglianza (all’incirca verso settembre 2017) sono stati circa 140 i casi più gravi segnalati, con ben 30 decessi di individui sopra i 25 anni. Tra i casi più gravi, inoltre, tre hanno interessato donne in dolce attesa, le quali però fortunatamente sono riuscite a riprendersi non compromettendo la salute dei loro piccoli. Dei 140 pazienti in gravi condizioni, tutti sono stati ricoverati in una Unità di terapia intensiva e/o subintensiva e 79 sono stati intubati.

Come già detto in precedenza i soggetti più a rischio sono senza dubbio i bambini e gli individui over 65, per i quali è raccomandato il vaccino, anche se siamo quasi fuori tempo massimo in quanto il vaccino ha bisogno di circa due settimane di tempo per offrire una protezione ideale.

Come curarsi

Per resistere all’attacco influenzale è fondamentale mettere in campo una importante opera di prevenzione e di cura. Secondo le parole di Claudio Mastroianni, segretario Simit, “È essenziale rimanere a riposo e al caldo, bere, usare antinfiammatori e antipiretici. Gli antibiotici solo nei casi di complicanze batteriche poiché si tratta di una forma virale che può essere curata con terapia sintomatica.” Non occorre recarsi subito in ospedale ma se la febbre alta continua per più di tre giorni è opportuno contattare un medico.

DIPENDENZA DA VIDEOGAME: da oggi è ufficialmente una malattia

Quanti di voi in passato si sono trovati a trascorrere interi pomeriggi davanti ad uno schermo e con un controller in mano? Sicuramente più di quanti si possa immaginare. I videogame, fin dalla loro prima comparsa, hanno sempre fatto compagnia ai più giovani (e non) durante i noiosi pomeriggi invernali in cui c’era troppo freddo per uscire o al contrario durante le torride giornate estive. Spesso però questo semplice passatempo, gioco e tante volte passione, supera i limiti consigliati e rischia di diventare una vera e propria ossessione, come una nuova patologia dalla quale bisogna curarsi e disintossicarsi.

Si tratta di un fenomeno che è cresciuto enormemente negli ultimi 10 anni, facilitato anche dal continuo evolversi delle console videoludiche che offrono contenuti sempre più emozionanti e avvincenti, ai quali spesso è davvero difficile resistere. Per queste ragioni sono numerosi i casi di individui (non esclusivamente di età adolescenziale) che hanno sviluppato una vera e propria dipendenza dai videogame, proprio come accade con l’alcol e con la droga. Si tratta di soggetti che hanno bisogno di cure mediche e di intraprendere un percorso di disintossicazione per potersi liberare (con l’aiuto di esperti) da questa ossessione.

La decisione dell’OMS

Da questa premessa è facile dedurre quali siano le motiviazioni che hanno spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a prendere la decisione di inserire la dipendenza da videogiochi nella prossima revisione della International Classification of Diseases, la “lista ufficiale” delle malattie, prevista per metà anno. Si tratta di una notizia importante, comunicata dalla stessa OMS attraverso un post sul suo sito ufficiale. Secondo l’Organizzazione “Il gaming disorder racchiuderà una serie di comportamenti caratterizzati da una mancanza di controllo sul gioco, dalla precedenza data al gioco rispetto alle altre attività e interessi quotidiani, e all’escalation del problema nonostante il manifestarsi delle conseguenze negative”.

Nell’annuncio vengono riportate anche le condizioni in virtù delle quali si può affermare di essere affetti da “gaming disorder“, ossia: “Per arrivare alla diagnosi il problema comportamentale deve comportare una significativa compromissione delle funzioni personali, familiari, sociali e occupazionali per almeno 12 mesi”. Con il riconoscimento ufficiale di questa patologia saranno implementati in tutto il mondo nuovi trattamenti per la cura della stessa. Ma oltre alla cura post diagnosi, sarà implementata anche una significativa campagna di prevenzione e di informazione in merito a questa nuova (anche se vecchia) patologia, il cui target principale sarà rappresentato dai soggetti in età adolescenziale, solitamente la fascia più colpita da questo disturbo.

 

BOTTI DI CAPODANNO: pericolo traumi acustici

Il 2017 oramai volge al termine e ci si appresta a salutarlo in vista di un nuovo anno. In questo periodo di festività le tradizioni la fanno da padrone: cenoni, regali, mercatini e tanto altro animano le nostre giornate. Tra queste però c’è un’usanza spettacolare ampiamente diffusa in tutto il mondo e che ogni anno tiene col naso all’insù milioni di persone. Stiamo parlando ovviamente dei fuochi d’artificio. Si tratta di un “rituale” immancabile con il quale si saluta l’anno vecchio e ci si appresta a conoscere quello venturo. Purtroppo però sempre più cittadini si cimentano in questa “arte” in modo sconsiderato, illegale e quasi sempre pericoloso per la propria incolumità e per quella altrui.

C’è da fare ovviamente una premessa doverosa. Il presente articolo condanna esclusivamente gli individui che abusano di fuochi d’artificio, petardi e di qualsiasi altro esplosivo senza tuttavia disporre delle dovute autorizzazioni per farlo e senza possedere le competenze atte ad assicurare uno spettacolo divertente ma soprattutto sicuro.

Attenti ai timpani

Dopo ogni capodanno purtroppo, come si apprende da TV, giornali ed internet, il numero dei feriti a causa dei botti è sempre molto alto, e si verificano spesso anche decessi dovuti alle violente e non controllate esplosioni “clandestine”. Ma il pericolo più diffuso per chi si cimenta, senza le dovute competenze, a mettere in atto uno spettacolo pirotecnico è rappresentato dai traumi acustici. Anche un singolo botto esploso a distanza ravvicinata, infatti, può provocare danni significativi all’apparato uditivo, come acufeni e, nella peggiore delle ipotesi, la perdita di udito. Stando infatti alle parole del professor Gaetano Paludetti, direttore del dipartimento di otorinolaringoiatria del Policlinico Gemelli di Roma: “L’esplosione di un petardo può portare anche alla perforazione del timpano”. E si tratta di un rischio non legato all’età del soggetto infatti “quando si parla di membrana timpanica e più in generale di orecchio adulti e bambini corrono gli stessi pericoli: un trauma acustico neurosensoriale può causare un danno permanente“.

Si tratta di un rischi che sarebbe meglio non correre soprattutto perchè “la perdita dell’udito non e curabile – ha aggiunto poi il prof. Paludetti – si può proteggere l’orecchio da ulteriori danni, ma quando la lesione c’è rimane”. Per questo motivo è assolutamente vietato l’utilizzo di petardi, esplosivi e di qualsiasi altra tipologia di “botti” di capodanno, che potrebbero rivelarsi altamente pericolosi per l’incolumità dei soggetti che li adoperano e di chi si trova nelle strette vicinanze. Per questo motivo anche quest’anno, come avviene già da molti anni, i controlli delle forze dell’ordine saranno sempre più scrupolosi per impedire il verificarsi di esplosioni illegali ed evitare feriti o vittime.

Mindfulness e Body Scan: mettersi in contatto con il proprio corpo

Ancora una volta ci ritroviamo a prestare attenzione al concetto di Mindfulness, già ampiamente discusso in un altro articolo presente sul nostro portale. Con il termine Mindfulness si indica tutta una serie di pratiche volte ad aumentare la consapevolezza di noi stessi, del nostro corpo e della nostra esistenza, prestando particolare attenzione ad ogni singola nostra azione, al presente che stiamo vivendo, non lasciandoci trasportare da pensieri e sensazioni che vadano oltre il momento presente. Gli esercizi previsti nel programma Mindfulness sono molteplici e di varia natura e cercheremo, nel corso dei prossimi articoli, di esaminarli tutti dettagliatamente. Dopo un primo step incentrato sulla pura e semplice meditazione, in questa sede ci concentreremo su un altro aspetto della metodologia Mindfulness: il Body Scan.

Body Scan

Questo esercizio, da svolgere almeno una volta al giorno se si ha la possibilità ed il tempo materiale per farlo, consiste in una fase meditativa molto particolare, durante la quale la nostra attenzione va indirizzata verso tutte le singole parti del nostro corpo, prese singolarmente e in momenti differenti, al fine di creare uno stretto legame tra il nostro senso interiore e il nostro organismo, ed effettuare una vera e propria “scansione” di ogni singola parte di noi. Naturalmente il Body Scan è applicato a scopo curativo nell’ambito del programma MBSRMindfulness-based stress reduction” (riduzione dello stress basata sulla consapevolezza).

Dal punto di vista pratico, l’esercizio del Body Scan è consigliato almeno una volta al giorno per una durata (nella migliore delle ipotesi) di circa 40-45 min. Particolarmente importante, per tutta la durata dell’esercizio, è l’attenzione che si deve dare al respiro, che ci deve accompagnare dall’inizio alla fine dell’esercizio. Oltre che sul respiro, la nostra attenzione deve essere indirizzata man mano verso tutte le parti del corpo, partendo dalle punte dei piedi, proseguendo per le ginocchia, le gambe, il torace, fino a giungere al nostro cuore e alla nostra testa, concentrandosi sia sulla muscolatura, ossa, articolazioni ma anche e soprattutto sui nostri organi interni (cuore, polmoni, stomaco, cervello ecc…).

Come già specificato in precedenza, la cosa fondamentale da tenere a mente per tutta la durata dell’esercizio sta nel fatto che qualsiasi altra sensazione proveniente dall’esterno (pensieri, emozioni, turbamenti) positiva o negativa che sia deve essere ignorata, e occorre rivolgere l’attenzione solo ed esclusivamente sull’esercizio di meditazione che si sta svolgendo nel momento presente, in modo da raggiungere uno stato di equilibrio fondamentale per diminuire le distanza che si interpone tra la nostra mente ed il nostro corpo.

L’appoggio del piede durante la corsa

La corsa è una delle attività fisiche più diffuse per vari motivi. In primis perchè non necessita di nessun tipo di equipaggiamento particolare nè tantomeno costoso, l’unica cosa di cui si ha bisogno, infatti, è un paio di scarpe da running. In secondo luogo la corsa è un’attività che non richiede particolare studio o abilità (come possono essere ad esempio sport quali calcio, basket, nuoto e sci) ma che può essere facilmente praticata da tutti gli individui, salvo quelli con particolari problemi di salute o con specifiche caratteristiche fisiche.

Con la corsa si bruciano molte calorie, si rafforzano muscoli ed articolazioni e sostanzialmente rappresenta un ottimo esercizio fisico per tutto il nostro organismo. Ci sono però delle accortezze da prendere prima di intraprendere questa attività. Prima su tutte, per evitare lesioni e problemi fisici, occorre prestare particolarmente attenzione all’appoggio del piede durante la corsa.

Attenti ai movimenti

Prima di acquistare un paio di scarpe da running è necessario valutare alcuni aspetti molto importanti. Primo su tutti l’appoggio del piede durante l’esercizio della corsa. Conoscere bene il modo in cui il piede si appoggia al suolo durante la corsa è fondamentale sia per la scelta della scarpa adatta da acquistare sia per prevenire infortuni o lesioni. E’ importante inoltre anche per comprendere le caratteristiche di ciascun podista. La valutazione dell’appoggio può essere fatta in modo approfondito da un ortopedico o presso un buon rivenditore di articoli sportivi dotato di apparecchiature atte a verificare il movimento del piede.

Diverse tipologie di appoggio

Si ha un appoggio neutro quando il piede tocca terra prima con la parte esterna del tallone, poi con tutta la pianta ed infine con un’ultima spinta dell’avampiede. Si parla invece di iper-pronazione quando nella seconda fase dell’appoggio a terra la pianta del piede converge troppo verso l’interno. L’iper-supinazione è, invece, la condizione in cui nella seconda fase dell’appoggio la pianta del piede rimane troppo sull’esterno.Nella maggior parte degli individui gli appoggi sono sempre neutri o iper-pronatori.

Un altro aspetto da analizzare nell’appoggio del piede durante la corsa riguarda la differenza in senso longitudinale. Circa il 90% dei corritori appoggia prima il tallone, mentre gli altri appoggiano direttamente l’avampiede. In quest’ultimo caso si riduce il tempo di appoggio, aumenta la frequenza di falcata e, grazie ad una migliore spinta, aumenta anche l’ampiezza del passo. Evitare di affossare il tallone a terra, invece, riduce da un lato lo stress sulle ginocchia ma aumenta le sollecitazioni per il tendine d’achille, per la caviglia ed il polpaccio.

L’appoggio diretto sull’avampiede è promosso dai sostenitori della corsa naturale, ma non è consigliabile ai principiante e a chi ha qualche chilo di troppo.

L’esercizio fisico contribuisce a migliorare la memoria

Fare attività fisica, che si tratti di un semplice allenamento o di un vero e proprio sport, porta sicuramente tanti benefici per la salute del nostro organismo. Oltre però ai già citati effetti positivi sul cuore, sul controllo del peso, sulle articolazioni, ossa, muscoli e sul controllo dello stress, praticare una regolare attività fisica porta innumerevoli benefici anche alla nostra memoria. La zona della memoria interessata nello specifico è la memoria “ad alta interferenza“, ovvero quella che ci permette di distinguere, ad esempio, la nostra auto da un’altra dello stesso modello e della stessa marca.

Lo studio

Ad affermare ciò è stato uno studio della McMaster University, in Canada, pubblicato su Journal of Cognitive Neuroscience. Secondo gli scienziati praticare una regolare attività fisica (che si protrae almeno per 6 settimane con sessioni di allenamento di 20 minuti ciascuna) comporta significativi miglioramenti per la memoria ad alta interferenza. Oltre a questo però, stando ai risultati della ricerca messa in atto, i soggetti che mantengono una buona forma fisica registrano un aumento del fattore neurotrofico cerebrale, una proteina che supporta la crescita, la funzionalità e la sopravvivenza delle cellule cerebrali.

La ricerca si è svolta prendendo in esame 95 individui sani che per 6 settimane hanno svolto un programma differente. Alcuni si sono sottoposti ad una regolare e controllata attività fisica, altri oltre allo sport hanno anche intrapreso un percorso formativo con un training cerebrale, altri ancora invece sono rimasti sedentari, evitando qualsiasi tipo di sport o esercizio fisico. I risultati hanno evidenziato che nei soggetti che hanno svolto attività fisica, accompagnati o non dal training cerebrale, si è registrato un significativo miglioramento nelle prestazioni della memoria ad alta interferenza, cosa che invece non è accaduta affatto nei soggetti che hanno mantenuto uno stile di vita prevalentemente sedentario. A questo punto la ricerca si concentrerà principalmente sui soggetti della terza età in quanto, come afferma l’autrice della ricerca Jennifer Heisz: “Un’ipotesi è che si osserveranno maggiori benefici su di loro, dato che questo tipo di memoria diminuisce con l’età”.

La ricerca in questione aggiunge un altro tassello alla lunga lista di buoni motivi per decidere di intraprendere un qualsiasi tipo di attività fisica. Come abbiamo visto infatti oltre a giovare al nostro organismo, abbassare i nostri livelli di stress e prevenire molte delle patologie più pericolose per l’uomo, lo sport rappresenta anche un valido alleato per il benessere del nostro cervello, in modo particolare per la nostra memoria.

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