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Sei segni e sintomi da non sottovalutare

Non è certo il caso di allarmarsi troppo alla prima macchiolina sulla pelle, per un po’ di fastidio in gola o a ogni minimo formicolio dall’origine poco chiara. Tuttavia, ci sono alcuni segni e sintomi, anche modesti, che è bene non sottovalutare e che, se non passano in un ragionevole periodo di tempo o peggiorano, devono indurre a consultare il medico di famiglia per avere un giudizio competente e avviare, se necessario, opportuni approfondimenti. Sapete quali sono i segnali del nostro corpo da non trascurare? Eccone sei particolarmente importanti cui prestare attenzione.

Sessualità: i problemi più comuni

Una sessualità soddisfacente è un elemento fondamentale della salute fisica e psichica e va tutelata a ogni età. Quando si manifestano disturbi, un sereno dialogo tra i partner e il supporto medico sono la chiave per risolvere la situazione.

La sessualità non è soltanto una fonte di piacere, ma è un aspetto fondamentale della salute fisica e psicologica di ogni persona, uomo o donna, a prescindere dall’età. A riconoscerlo e affermarlo da alcuni decenni è addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che inserisce la sessualità tra i cardini della definizione ufficiale di salute.

A ogni età, tuttavia, uomini e donne hanno un modo diverso di vivere la sessualità e possono andare incontro a vari disturbi che possono rischiare di trasformare una straordinaria fonte di equilibrio e benessere in un problema tutt’altro che banale, fino a indurre a evitare del tutto i rapporti per non sentirsi in difficoltà.

Un concetto essenziale da ricordare, in questi casi, è che la sessualità non è una mai questione individuale, ma un’esperienza di coppia e come tale deve essere affrontata, sia quando tutto procede perfettamente, sia quando c’è qualcosa che non va. I rimedi per risolvere la situazione sono molti ed efficaci nella maggioranza dei casi, ma funzionano meglio se a gestirli si è in due, con serenità, spirito di collaborazione e affetto reciproco.

Le difficoltà della giovinezza

Da giovani, in assenza di patologie specifiche dell’apparato genitourinario o malattie sistemiche severe, le principali criticità in ambito sessuale sono generalmente legate all’insicurezza e al timore di “non essere all’altezza” (perché non abbastanza in forma, sensuali o “tecnicamente preparati”) oppure all’inesperienza e a una scarsa confidenza con il proprio corpo, che portano a non saper gestire le proprie emozioni e le reazioni fisiche che le accompagnano.

Tutte queste difficoltà psicologiche irrisolte possono interferire con il desiderio o portare a raggiungere il culmine del piacere troppo presto, troppo tardi, con estrema difficoltà o addirittura mai. Rientrano in questo gruppo di disturbi della sessualità: l’ansia da prestazione, la disfunzione erettile, l’eiaculazione precoce o ritardata, sul versante maschile; il desiderio insufficiente, i rapporti poco piacevoli o dolorosi e la difficoltà di raggiungere l’orgasmo, sul versante femminile.

I problemi possono manifestarsi fin dai primi rapporti e risultare particolarmente difficili da affrontare in considerazione della limitata esperienza di entrambi i partner e, non di rado, dalla precarietà delle relazioni. Queste criticità iniziali possono pregiudicare la qualità della vita sessuale successiva, se non vengono affrontati precocemente, parlandone francamente il proprio compagno/a e/o cercando il supporto del medico di fiducia ed eventualmente di uno psicologo esperto di disturbi della sessualità.

In genere, i disturbi privi di una base organica oggettiva sono più frequenti e significativi in occasione di rapporti di breve durata e caratterizzati da una scarsa empatia reciproca mentre migliorano notevolmente (fino a sparire) quando si riesce a instaurare una relazione profonda e duratura, che permette di trovare una buona sintonia fisica e psicologica e di vivere la sessualità in modo via via più rilassato e naturale.

D’altro canto, anche coppie giovani, sane e inizialmente affiatate possono, a un certo punto, perdere interesse nell’attività sessuale o trarne minor piacere. In questi casi, spesso, l’origine del problema va ricercata in fattori di natura diversa, come l’instabilità o lo stress lavorativo, la preoccupazione per difficoltà economiche, la stanchezza dovuta ai troppi impegni, il sonno insufficiente o lo stile di vita poco sano.

A riguardo, va ricordato che fumo, alcolici, sovrappeso, scarsa attività fisica e ritmi di vita disordinati sono nemici dichiarati non soltanto della salute generale, ma anche di quella sessuale (soprattutto per gli uomini). Il loro impatto negativo si percepisce a ogni età e diventa via via più marcato mentre ci si avvicina agli “anta”.

Un’altra fase critica per le coppie in età fertile è quella della gravidanza e del post-partum, a causa di un mix di fattori fisici e psicologici che possono mettere a dura prova entrambi i partner, per ragioni diverse e talvolta opposte, soprattutto in occasione del primo figlio.

Riduzione del desiderio, timore di danneggiare il feto, ansia per il fatto di diventare genitori, disturbi fisici e psicologici successivi al parto, arrivo del neonato e ridefinizione degli equilibri della famiglia possono seriamente interferire con la sessualità per diversi mesi, specie se non se ne parla nell’ambito della coppia e non si ricerca il supporto del ginecologo (per la donna) ed eventualmente dello psicologo (per entrambi i partner).

I disturbi dell’età matura

Come tutte le funzioni dell’organismo, anche quella sessuale con il passare del tempo si trasforma e, anche se qualcuno può esserne infastidito o deluso, non resta che accettare l’inevitabile cambiamento, che ha comunque anche qualche risvolto positivo come la maggiore esperienza, l’approccio più rilassato ai rapporti, la più fine conoscenza di sé stessi e del partner ecc.

Sia nell’uomo sia nella donna, a guidare la trasformazione è soprattutto la graduale diminuzione dei livelli degli ormoni sessuali (rispettivamente, gli androgeni e gli estrogeni) che si verifica a partire dai 40-50 anni, cui si aggiungono una progressiva diminuzione delle prestazioni muscolari e cardiovascolari e, in molti casi, l’insorgenza di patologie o disturbi che possono interferire con la sessualità in modo diretto o come conseguenza delle terapie che si devono assumere per tenerli sotto controllo.

Nell’uomo, per esempio, molte malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e i disturbi prostatici possono ridurre la capacità di ottenere l’erezione o il suo mantenimento, così come i farmaci necessari per abbassare l’ipertensione arteriosa o l’iperglicemia, contrastare le coronaropatie o i sintomi dell’ipertrofia prostatica, migliorare la funzionalità cardiaca in chi soffre di fibrillazione atriale o scompenso cardiaco.

Nella donna a interferire con la sessualità possono essere disfunzioni ovariche, della tiroide o dell’ipofisi e i sintomi associati alla menopausa o alla post-menopausa, a partire dalla minore lubrificazione e dalla graduale modificazione della sensibilità e della struttura delle mucose vaginali (tutti cambiamenti che possono comportare rapporti poco piacevoli o dolorosi).

Non vanno trascurate neppure le condizioni di disagio psichico che possono diventare particolarmente diffuse e marcate nelle donne over40, prime tra tutte la depressione e l’ansia (di cui soffrono meno frequentemente anche gli uomini), così come le ripercussioni negative sulla sessualità di alcuni dei farmaci necessari per trattarle (antidepressivi, stabilizzatori dell’umore ecc.). Sempre sul fronte psicologico, soprattutto quando ci si confronta con un nuovo partner, a creare problemi quando non si è più giovanissimi può essere l’idea di non avere un corpo esteticamente desiderabile, quanto meno secondo i canoni in vigore: in questo caso, una maggiore consapevolezza del proprio valore e un po’ di autoironia sono le chiavi del successo.

Come risolvere la situazione?

Posto che la sessualità è una questione di coppia, il primo consiglio per affrontare qualunque tipo di problema fisico o psicologico è parlarne apertamente con il proprio compagno/a, con semplicità e serenità. Ciò aiuterà anche il partner a non sentirsi “causa” della riduzione di desiderio o del minor piacere provato e permetterà di aumentare il livello di intimità e coesione della coppia, nonché talvolta di individuare insieme, senza troppa difficoltà, una soluzione adeguata.

Se condividere il problema e affrontarlo insieme con strategie semplici (per esempio, creando situazioni più stimolanti, prolungando i preliminari, cambiando le posizioni, modulando i tempi di raggiungimento dell’orgasmo ecc.) non è sufficiente per migliorare la situazione, il passo successivo è rivolgersi al medico di fiducia per verificare lo stato di salute generale, valutare il disturbo specifico e individuare possibili interventi che possono contribuire ad attenuarlo (vedasi, per esempio, farmaci contro la disfunzione erettile o terapie ormonali).

Rivolgersi al medico prima di assumere qualunque tipo di farmaco o integratore è fondamentale, sia perché i farmaci disponibili per migliorare le prestazioni sessuali possono avere diverse controindicazioni e risultare pericolosi in determinati contesti clinici sia perché, a volte, la disfunzione sessuale può essere la spia di una malattia organica non ancora diagnosticata, che deve essere valutata e gestita (come, per esempio, malattie cardiovascolari, disturbi ormonali o problemi alla prostata).

Quando il disturbo della sessualità appare legato ad aspetti genitourinari, è bene richiedere un consulto ginecologico (per le donne) o andrologico/urologico (per gli uomini). Specie dopo i 50 anni, è soprattutto a questo livello che possono insorgere disturbi capaci di ridurre notevolmente la possibilità di avere rapporti soddisfacenti (o di averli tout-court) ed è importante che sia uno specialista esperto ad approfondirne le cause e a suggerire soluzioni appropriate, di tipo farmacologico o chirurgico.

Fonti:

  • National Institute on Aging – NIH (https://order.nia.nih.gov/publication/sexuality-in-later-life)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/female-sexual-dysfunction/symptoms-causes/syc-20372549)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/erectile-dysfunction/symptoms-causes/syc-20355776)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/premature-ejaculation/symptoms-causes/syc-20354900)
  • Mayo Clinic (https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/delayed-ejaculation/symptoms-causes/syc-20371358)
  • von Hippel C et al. Sexual Function among Women in Midlife: Findings from the Nurses’ Health Study II. Women’s Health 2019;29-4:291–298
  • Hatzichristou D et al. Clinical Evaluation and Management Strategy for Sexual Dysfunction in Men and Women. Journal of Sexual Medicine 2004;1(1):49-57
  • Knoepp LR et al. Sexual Complaints, Pelvic Floor Symptoms, and Sexual Distress in Women over Forty. Sex Med 2010;7:3675-3682
  • Avasthi A et al. Clinical Practice Guidelines for Management of Sexual Dysfunction. Clinical Practice Guidelines for Management of Sexual Dysfunction. Indian J Psychiatry 2017;59(Suppl 1):S91-S115
  • Mernone L et al. Psychobiological Factors of Sexual Functioning in Aging Women – Findings From the Women 40+ Healthy Aging Study. Frontiers in Psychology 2019;10:546

Sovrappeso e obesità: se li conosci (forse) li eviti

In un mondo dove tutti vogliono essere magri, si è sempre più spesso in sovrappeso, fin dall’infanzia. Con tutto quel che comporta in termini di disagi fisici e psicologici e ripercussioni sulla salute, soprattutto dopo una certa età. Che fare? Ecco qualche consiglio.

Quando si tratta di alimentazione e peso corporeo si apre un
universo di contraddizioni. Si vuole restare in forma o dimagrire, ma anche
mangiare ciò che piace senza badare troppo alle quantità. Si spendono centinaia
di euro per la palestra, ma poi non ci si va quasi mai. Si iniziano mille
diete, ma non se ne mantiene nessuna. Si comprano tutine e sneakers, ma non si
può fare a meno dell’ascensore e dell’automobile. Si rinnovano i più ferrei
propositi di vita sana, ma il domani per attuarli non arriva mai.

Il risultato è sempre lo stesso: mese dopo mese, l’ago della
bilancia va nel senso opposto a quello desiderato o, nella migliore delle
ipotesi, resta inesorabilmente fisso su una cifra un po’ troppo tonda. Disperarsi
non aiuta, perché spesso porta a affogare ancor più nel cibo le proprie
frustrazioni. Rassegnarsi ancor meno, perché fa abituare a standard di peso e
forma fisica che tendono a diventare via via peggiori, quasi senza rendersene
conto. E allora? Come sempre la soluzione sta nel mezzo, vale a dire
nell’individuazione di un sano equilibrio tra bisogni metabolici effettivi
dell’organismo e piaceri per il palato e lo spirito.

L’origine dei chili
di troppo

Inutile barare o cercare alibi nel metabolismo lento o nella
costituzione sfavorevole: salvo una minima quota di casi nei quali
effettivamente può esserci una componente genetica significativa o specifiche
patologie che remano contro, se si ingrassa o non si dimagrisce, la ragione va
cercata in errori di stile di vita, ossia essenzialmente nella combinazione di
un’alimentazione ipercalorica rispetto al fabbisogno individuale e/o
sbilanciata e di un movimento insufficiente. Questa regola vale a ogni età, ma
nell’infanzia/adolescenza può avere un impatto metabolico particolarmente
negativo, con ripercussioni sfavorevoli anche sul peso corporeo e sulla salute
in età adulta.

Numerosi studi hanno ormai indicato che un bambino in forte
sovrappeso od obeso resterà tale anche da adulto (o che dimagrirà con fatica),
risultando esposto a un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, diabete,
disturbi ormonali e diversi tipi di neoplasie (per esempio, il tumore del seno
nelle donne e il cancro del colon-retto in entrambi i sessi.

Per le donne, poi, l’obesità (così come il sovrappeso) può
compromettere la fertilità oppure causare seri problemi durante la gravidanza e
al momento del parto, non ultimo quello di predisporre anche il figlio a
sviluppare sovrappeso/obesità e diabete. Senza contare i risvolti psicologici e
relazionali dei molti chili di troppo nell’adolescenza e nella prima età
adulta, quando l’aspetto fisico gioca un ruolo importante nella percezione di
sé e nelle interazioni con gli altri.

Per le donne, anche quelle inizialmente magre o normopeso,
un momento critico sul fronte del peso corporeo è rappresentato dalla
gravidanza. Se si ingrassa troppo in questa fase (ossia più dei 10-12 kg
fisiologici, che i ginecologi raccomandano di non superare), perdere peso dopo
il parto può essere difficile, soprattutto se si sono superati i 35-40 anni, se
si ha una famiglia impegnativa da accudire e/o un’attività lavorativa
sedentaria, che lasciano poco tempo per l’attività fisica. I chili di troppo residui
trascurati a lungo, infatti, tendono a “sedimentare” costituendo il
punto di partenza per incrementi ulteriori negli anni successivi.

In entrambi i sessi, poi, l’arrivo dei 40-45 anni comporta
un primo, inevitabile, rallentamento metabolico, che peggiorerà in seguito:
soprattutto dopo i 50-55 anni per le donne, in corrispondenza dell’inizio della
menopausa; e poco dopo per gli uomini, anche causa della riduzione degli ormoni
maschili e della massa muscolare (che è quella che brucia più calorie). Se,
durante e dopo questa transizione, non si rivedono le proprie abitudini
alimentari (riducendo le calorie introdotte ogni giorno e aumentando il consumo
di vitamine e sostanze antiossidanti che supportano il metabolismo), ingrassare
di alcuni chili è praticamente inevitabile.

Come accennato, in una minoranza di casi, sovrappeso e
obesità possono insorgere e permanere a causa di malattie, principalmente di
tipo endrocrino-metabolico, oppure come effetto collaterale di farmaci
necessari a curare disturbi di vario tipo. Tra le prime, si possono ricordare
l’ipotiroidismo, le disfunzioni delle ghiandole surrenali e l’ovaio
policistico, soltanto per fare alcuni esempi.

Tra i secondi, ci sono l’insulina usata per la cura delle
forme più severe di diabete, il cortisone, alcuni antidepressivi, gli
antiepilettici, gli stabilizzatori dell’umore, gli antipsicotici, alcune
terapie ormonali usate per problematiche femminili e farmaci anti-androgenici
contro disturbi e tumori della prostata nell’uomo. In tutti questi casi, la
gestione del peso corporeo deve andare di pari passo con la cura della malattia
di base ed essere definita e monitorata dal medico.

Dieta sana: meglio
iniziare da bambini

Innanzitutto, ricordiamo che i concetti di normopeso,
sovrappeso e obesità si basano sul calcolo dell’indice di massa corporea o BMI
(Body Mass Index), valore che si
ottiene dividendo il peso espresso in kg per il quadrato dell’altezza espressa
in metri. Quindi, per esempio, una persona alta 1,70 m e del peso di 70 kg avrà
un BMI = 70 kg / (1,70 x 1,70) m2 = 24,22 kg/ m2. Questa
persona sarà “normopeso”, categoria che include tutti coloro con un
BMI compreso tra 18,50 e 24,99 kg/m2. Sarà, invece, “sovrappeso”
chi ha un BMI compreso tra 25,00 e 29,99 kg/m2 e “obeso
lieve” (classe I) chi ha un BMI compreso tra 29,99 e 34,99 kg/m2;
con BMI tra 35,00 e 39,99 kg/m2 si ricade nell’obesità media (classe
II), mentre da 40 kg/m2 in su si parla di obesità grave (classe
III).

Posto che sovrappeso e obesità nell’infanzia/adolescenza
influenzano le caratteristiche del metabolismo e la salute in età adulta, è
cruciale che l’abitudine a mantenersi forma attraverso una dieta sana e il movimento
regolare sia promossa fin bambini. Ciò crea anche una sorta di “imprinting
comportamentale” che rende più spontaneo e naturale seguire uno stile di
vita sano e continuare a tenere sotto controllo il peso corporeo nei decenni
successivi.

Se il bambino/adolescente è già in sovrappeso di diversi
chili, il consiglio è di consultare il pediatra e concordare con lui un regime
dietetico e di movimento adeguato all’età, dopo aver escluso eventuali disturbi
organici non ancora diagnosticati. Se i chili da perdere sono molti, è
pressoché d’obbligo rivolgersi anche a un dietologo/nutrizionista, mentre se
l’approccio al cibo appare influenzato da aspetti psicologici è utile
consultare anche uno psicologo/psichiatra esperto di disturbi dell’alimentazione.

La cosa più importante, però, è non banalizzare né
drammatizzare il problema e non assillare il bambino per il suo peso, per
quello che mangia o perché non si muove abbastanza. Risultati molto migliori si
ottengono creando un ambiente familiare sereno e allegro (dove pasti diventano
un momento di condivisione piacevole), riempiendo dispensa e frigorifero di
cibi sani (frutta e verdura fresche in primis), cucinando in modo leggero e,
soprattutto, dando il buon esempio, sia a tavola sia sul fronte dell’attività
fisica.

Molti adolescenti e giovani adulti sono spesso è tentati
dalle promesse di dimagrimento rapido attraverso diete tanto curiose quanto
inefficaci, se non addirittura pericolose per la salute. Evitatele e
raccomandate di evitarle, in ogni caso. Se i chili da perdere sono pochi (3-5
kg), nella maggioranza dei casi è sufficiente fare un’onesta analisi delle
proprie abitudini alimentari (magari compilando un diario alimentare per alcuni
giorni) e correggere errori banali (come assumere regolarmente bevande
zuccherate e alcolici, spiluccare mentre si cucina o agli aperitivi, eccedere
con pane e focacce a tavola, aggiungere troppo olio o formaggi alle insalate
ecc.).

Qualche suggerimento
per gli adulti

Oltre ai consigli classici di ridurre l’assunzione dei
carboidrati in generale e al minimo quella degli zuccheri semplici (aggiunti o
contenuti in alimenti dolci), privilegiare le proteine di legumi e pesce e
aumentare il consumo fibre (ossia verdura e frutta poco zuccherina), un accorgimento
utile per tagliare le calorie senza rivoluzionare troppo le proprie abitudini
alimentari è ridurre gradualmente le porzioni. Può sembrare banale, ma di 10-20
g di pasta in meno nel piatto non ci si accorge quasi (soprattutto se si ha
l’accortezza di iniziare a usare piatti più piccoli), ma settimana dopo
settimana possono fare la differenza sulla bilancia.

Al contrario, è importante bere più acqua o altre bevande
non zuccherate (tè, tisane, infusi, acque aromatizzate naturali ecc.): sia perché
i liquidi hanno un effetto saziante immediato e aiutano a smorzare gli attacchi
di fame; sia perché è stato osservato che molte persone non riescono a
distinguere bene tra gli stimoli della fame e della sete e finiscono con il
mangiare quando in realtà dovrebbero bere (ne gioveranno anche i reni).

Quando i chili da perdere sono oltre 5-10, è bene consultare
prima il proprio medico di fiducia e poi un dietologo/nutrizionista per
impostare un piano alimentare compatibile con le esigenze e le caratteristiche
individuali (età, sesso, presenza di altre patologie ed eventuali terapie
assunte, fabbisogni specifici ecc.) e stabilire un “calendario” della
perdita di peso che ha il duplice scopo di stimolare ad aderire al programma
dietetico e di attività fisica (che va sempre prevista in associazione) e di
permettere di ricalibrare strategie e obiettivi, in funzione dei risultati via
via raggiunti.

Come già segnalato per bambini/adolescenti, anche per gli
adulti un supporto psicologico/psichiatrico può essere molto utile, se ci si
accorge di attribuire al cibo valenze che poco hanno a che vedere con la fame
(es. compensazione di frustrazioni e nervosismo). In caso di obesità grave o
molto grave, il medico potrà prescrivere alcuni farmaci che riducono l’appetito
o supportano la perdita di peso oppure potrà essere presa in considerazione la
chirurgia bariatrica, valutandone bene pro e contro.

Assolutamente da evitare, invece, qualunque tipo di
integratore o rimedio “miracoloso” propagandato online o da centri
estetici, palestre, cliniche di dubbia fama: l’esperienza insegna che non
servono a nulla e possono danneggiare la salute, a caro prezzo.

Dimagrire dopo gli
“anta”

Posto che il metabolismo fisiologicamente rallenta a partire
dai 40 anni e sempre più negli anni successivi, dimagrire richiederà più
impegno e tempo dopo questa età. Ma non ci si deve scoraggiare, né desistere
perché è proprio dopo gli “anta” che eliminare (o ridurre) i chili di
troppo diventa più importante per prevenire malattie cardiovascolari e diabete
di tipo 2 o contribuire a tenerle sotto controllo.

Numerosi studi hanno dimostrato che una perdita di peso pari
ad almeno 10% di quello iniziale riduce significativamente il rischio
cardiovascolare globale e può addirittura far regredire il diabete di tipo 2 in
fase iniziale. In aggiunta, a ogni età, dimagrire aiuta a russare meno, ad
attenuare (o risolvere) il reflusso gastroesofageo, a evitare molti mal di
schiena, a non stressare troppo le articolazioni delle anche e delle ginocchia,
e a mantenere una sessualità soddisfacente più a lungo.

Certo, per riuscirci e ottenere questi benefici, serve un
po’ di buona volontà ed essere convinti che è cosa buona giusta. Il
suggerimento è quello di iniziare a provarci con determinazione, senza
aspettare di essere troppo in là con gli anni, ma ricordando che perdere il
peso in eccesso è possibile e utile a qualunque età.

Fonti:

  • National
    Heart, Lung and Blood Institute – NIH (https://www.nhlbi.nih.gov/health-topics/overweight-and-obesity)
  • National
    Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases – NIDDK
    (https://www.niddk.nih.gov/health-information/weight-management/helping-your-child-who-is-overweight)
  • World
    Health Organization – WHO
    (https://www.who.int/nutrition/topics/5keys_healthydiet/en/;
    https://www.who.int/en/news-room/fact-sheets/detail/healthy-diet)
  • Arnold
    M et al. Duration of Adulthood Overweight, Obesity, and Cancer Risk in the
    Women’s Health Initiative: A Longitudinal Study from the United States. PLoS
    Med 2016;13(8):e1002081 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4987008)
  • Johnson
    RJ et al. Perspective: A Historical and Scientific Perspective of Sugar and Its
    Relation with Obesity and Diabetes. Adv Nutr 2017;8:412-422
  • Gardener
    H et al. Diet Soda and Sugar-Sweetened Soda Consumption in Relation to Incident
    Diabetes in the Northern Manhattan Study. Curr Dev Nutr 2018;2:nzy008
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